Agosto 2022: Murgia, punto e a capo
In questa edizione della newsletter: una rapida carrellata sull'ultimo mese e un'intervista in esclusiva ad Alessandro Murgia, che prova a ricominciare dopo due anni molto deludenti
Salve,
se leggi questa mail è perché ti interessa sapere cosa combina LoSpallino.com. Non preoccuparti, non ne riceverai molte: appena una al mese, di norma entro la prima decade perché ormai è una tradizione abbastanza consolidata.
Dalla puntata precedente della newsletter sono successe un altro po’ di cose. La SPAL ha ceduto Vicari e Di Francesco; ha giocato e vinto un bel po’ di amichevoli precampionato; ha preso non solo una ma ben due punte (Moncini e La Mantia); ha eliminato l’Empoli dalla Coppa Italia, presentato tutte e tre le maglie ufficiali e completato una campagna abbonamenti da 4.308 sottoscrizioni.
Nell’edizione che leggerai oggi c’è un solo contenuto in esclusiva che avevamo in mente da qualche tempo: un’intervista ad Alessandro Murgia, un giocatore che negli ultimi due anni è quasi sparito dai radar calcistici tra Ferrara e Perugia e ora sta cercando di invertire la tendenza, lasciandosi alle spalle anche l’ostilità di una parte del pubblico spallino.
439 giorni dopo… lasciatemi giocare
di Alessandro Orlandin
[Alessandro Murgia in azione nel precampionato, foto di Filippo Rubin]
Tra la pesante contestazione del maggio 2021 e il messaggio di pace di Dimaro sono passati esattamente 439 giorni. Un periodo nel quale Alessandro Murgia ha giocato pochissimo, quasi nulla, ritrovandosi quasi ad un punto morto di una carriera che fino a tre anni fa sembrava potenzialmente luminosa. Oggi, a ventisei anni appena compiuti, è un ragazzo determinato a cambiare la narrazione che viene fatta di lui.
Mentre cercavo di preparare questa intervista mi è capitato di leggere da qualche parte che nel codice dei telegrafisti il numero 23 significa "a capo". Che sia effettivamente così o meno, sembra essere un concetto abbastanza appropriato per un giocatore nella tua situazione.
"Questa cosa non la sapevo. Quindi il numero di maglia non è stato scelto per quello (sorride, ndr). La spiegazione per il 23 è più semplice: quando gli altri numeri sono occupati uno si deve un po' arrangiare e il 23 tra quelli liberi mi ispirava fiducia. È un numero che lì per lì ho sentito subito come mio. Per tornare invece al significato che gli hai attribuito tu... perché no? Magari è un segno del destino. Oppure la classica coincidenza a cui dare un qualche tipo di significato. Di sicuro da parte mia c'è voglia di ripartire, dimostrare, giocare soprattutto. Farlo con continuità perché ne ho davvero bisogno. Voglio dimostrare in campo ogni settimana quello che valgo".
Non più tardi di due giorni fa hai compiuto 26 anni. In teoria l’età perfetta per un atleta professionista. Ma a che punto è Alessandro Murgia come calciatore e come persona?
"Sicuramente sono ad un punto in cui la maturità comincia a farsi sentire. Non mi sento né un ragazzino né uno in fase discendente. Quindi sto bene, sono tranquillo, sento di posso dare tanto come persona e come calciatore e lavoro con la consapevolezza di poter fare meglio, giorno dopo giorno".
Venturato ha detto almeno un paio di volte che vieni “da due anni difficili”. Un arco di tempo di cui non è mai esistita la versione del diretto interessato, almeno non in forma pubblica. Cerchiamo di raccontarla.
"I numeri di questi due anni non sono stati così buoni come me li aspettavo. Di certo non sono stati due anni facili, ma nel calcio ci sono alti e bassi. La considero una parentesi della mia carriera, come ce ne potranno essere altre. Spero il meno possibile, ovviamente. La stagione della retrocessione (2019/2020) si è rivelata più complicata di quanto ce la fossimo immaginata. Sapevamo che la serie A è difficile, ma noi eravamo convinti di avere una buona squadra e anche la società iniziava a strutturarsi per rimanere stabilmente in categoria. Per cui retrocedere è stato un colpo durissimo per tutti, tra l'altro nell'anno in cui è arrivata la pandemia a complicare le vite di chiunque, a qualunque livello".
Avevate iniziato con lo slancio del tredicesimo posto, poi si è capito ben presto che sarebbe stata dura rimanere in serie A.
"Col senno di poi penso sia troppo facile fare una valutazione. La serie A è un campionato pieno di insidie, fatto di squadre che hanno qualità ed esperienza. Soprattutto quest'ultima pesa tantissimo. A noi forse ne è mancata un po' e in più diversi episodi ci sono girati male. Però continuo a pensare che quella fosse un gruppo molto valido, in cui c'erano giocatori che anche oggi stanno facendo bene in serie A. Noi abbiamo lavorato fino all'ultimo giorno per provare a tenere la categoria, così non è stato e dispiace. Ora conta il presente e mi pare che il percorso per tornare un giorno in serie A sia quello giusto".
Però il girone di ritorno del 2020 fu terribile e la sensazione è che proprio non aveste più benzina nel serbatoio.
”Molto probabilmente eravamo un po' scarichi. Venivamo da mesi chiusi in casa e da una situazione anomala a livello mondiale. Ci sono state senz'altro conseguenze fisiche e mentali che in quel momento non sono state del tutto calcolate. Non solo per noi, ma anche per la società che si è trovata a organizzare spostamenti in un contesto mai visto prima. Sul campo tutti questi elementi si sono fatti sentire. Credo anche che la SPAL abbia sofferto la mancanza del pubblico. Per noi è sempre un valore aggiunto, mentre altre squadre magari ne hanno ricavato un beneficio".
[Murgia nella parte finale della stagione 2019/2020]
Quello è stato l’inizio di una parabola discendente, perché nell’estate 2021 c’era un clima di depressione abbastanza pesante e tanti se ne volevano andare per giocare di nuovo in serie A. Tu eri tra quelli?
"Io, come tutti gli altri giocatori, l'ambizione di giocare in serie A ce l'avrò sempre. Personalmente non credo che qualcuno in quell'estate abbia detto esplicitamente di volersene andare a da Ferrara e di non voler più indossare la maglia della SPAL. C'era piuttosto la volontà di rimanere in serie A, quella sì. Mi pare una cosa normale. Quindi la stagione è iniziata con questo genere di incomprensioni, in un momento difficile, con le ferite aperte della retrocessione. Abbiamo iniziato a giocare col mercato ancora aperto e soprattutto con aspettative alte, perché ci si attendeva che tornassimo immediatamente in serie A, nonostante si sapesse che il campionato di B è molto difficile. Non è stato facile neanche per l'allenatore (Pasquale Marino, ndr) trovare il giusto equilibrio".
Le aspettative che venivano dall’esterno erano eccessive? Oppure anche tra di voi vi siete guardati e detti che con quei nomi bisognava per forza tornare in serie A?
"Una non esclude l'altra: la pressione ci sarà sempre, per qualunque squadra, e gestirla sta ai giocatori più bravi, esperti e maturi. L'aspettativa tra di noi c'era senz'altro perché eravamo un gruppo con tanta qualità. Però non siamo stati bravi a trasformare le attese in consapevolezza e quindi è diventata un peso".
Tu, come tanti altri, non avevi mai fatto la serie B. Cosa ti porti dietro dell’impatto con la categoria?
"Ho imparato tantissime cose. È un campionato molto più agguerrito rispetto ad altri. In serie A ci sono 7-8 squadre che per budget, storia e qualità sono su un livello completamente diverso, anche per via della partecipazione alle coppe europee. In B invece le differenze sono meno evidenti e tutti i giocatori vanno in campo con l'ambizione di raggiungere la serie A, sia con le proprie squadre, sia attraverso un trasferimento. Questo aspetto si fa molto sentire e coglie di sorpresa se non si è mai fatto quel campionato. Per me era la prima volta ed è stata un'esperienza utile, un momento di crescita”.
In quella stagione il tuo minutaggio è andato progressivamente calando: cos’è successo esattamente?
"Bisognerebbe chiederlo al mister. Io ho sempre cercato di essere il più professionale possibile e di impegnarmi per cercare il minutaggio che per ogni giocatore è fondamentale per rendere. Ho avuto le mie difficoltà ma sono sempre stato a disposizione della squadra. Poi sono gli allenatori a fare le scelte e vanno sempre rispettate. Io però sono un giocatore che ha bisogno di giocare con continuità e quello che posso fare è allenarmi al meglio e con serietà".
Quando chiedevamo informazioni ci veniva sempre detto che ti allenavi bene ed eri impeccabile nell’atteggiamento, ma che poi a livello di prestazioni mancava sempre qualcosa. C’è una chiave di lettura per tutto ciò?
"Perdonami, ma vorrei farti io una domanda. Come sono stati i miei numeri in quella stagione?"
Modesti. Discreto minutaggio nella prima parte di stagione e poi buio pesto fino al subentro di Rastelli.
"Ecco, quindi come si fa a valutare un giocatore se ha giocato pochissimo?".
Diciamo che nei primi mesi della stagione sei sembrato tutt'altro che in grado di fare la differenza.
"Si torna al discorso di prima: eravamo tutti reduci da una retrocessione, c'era un allenatore nuovo, un campionato diverso, un periodo di assestamento. Come potevo essere quello di un anno e mezzo prima se tutto attorno a me era cambiato? Non credo ci siano i presupposti per fare un confronto serio. Certo, le occasioni vanno sfruttate, ma vanno anche concesse e io in quell'anno ho lavorato per cercarmele. Penso di essermi sempre preso le mie responsabilità e sarà sempre così, perché mi considero un professionista serio. Poi non sta a me fare valutazioni sul lavoro di altri. Né mi interessa stabilire chi ha la colpa di cosa. Quello che per me è giusto fare è venire al campo, comportarmi bene e allenarmi al meglio. Sia che mi venga concesso un minuto nell'intera stagione, sia 1.500. Poi, ripeto, le scelte le fanno i mister. Ognuno ha le sue ragioni per farne e penso che tutti quelli passati di qui abbiano operato per il bene della SPAL. Quindi non mi sento di puntare il dito verso nessuno, nemmeno verso me stesso. Tutti hanno fatto il loro massimo, io compreso".
[Dopo un gol sbagliato nella stagione 2020/2021, foto di Filippo Rubin]
Qualcuno però ha puntato il dito su di te al termine della stagione 2020/2021. Sei stato preso come esempio di giocatore che non ha onorato la maglia. Ti sei dato una spiegazione per quello che è accaduto?
"Per tanto tempo no, perché è stata una cosa dolorosa e mi è dispiaciuto vista la stagione non buona da parte dell'intera squadra. Essere preso come capro espiatorio non è stato bello. Però al tempo stesso mi ha fatto capire quanto le persone si aspettassero tanto da me, perché sanno quanto posso dare. Quel momento mi ha dato tanta forza e tanta maturità. Certo, mi ha fatto del male, però mi è servito per capire che devo dare di più per ottenere le occasioni di cui parlavo prima”.
Ma ti aspettavi di essere preso di mira in maniera così diretta?
"Non me l'aspettavo in quel modo e infatti non è stato facile da mandare giù. Anche perché venivamo da una stagione complicata ed essere congedati così negli ultimi giorni non è stato certo il massimo. Però quell'episodio fa capire che genere di calore può esprimere la tifoseria, nel bene o nel male. Quella contestazione mi ha confermato che la gente di Ferrara tiene alla SPAL in maniera speciale. Lo ha dimostrato tante volte dandoci una grandissima carica nei momenti più belli e lo ha fatto anche quando le cose non sono andate come avremmo voluto. Io ho cercato di prendere il buono di quei giorni e usarlo per migliorare come persona e come calciatore".
A Dimaro, dopo la partita contro la Cremonese, gli ultras ti hanno sostanzialmente “perdonato”, mostrando fiducia nei tuoi confronti. Quanto è stato importante quel momento?
"È importante proprio per il principio che ho espresso poco fa: so bene che i tifosi vogliono bene della SPAL. Se hanno scelto di fare questa cosa mi fa super piacere e voglio ripagare questa loro fiducia in campo, allenandomi bene e cercando di dar loro delle gioie nelle partite. Le meritano per tutta la vicinanza che esprimono tutti i giorni nei confronti della squadra".
Anche perché i tuoi unici ricordi felici legati alla SPAL sono quelli della stagione 2018/2019 e iniziano a invecchiare.
"Quella fu una stagione principalmente molto positiva, con la salvezza ottenuta con tre giornate d'anticipo. I ricordi più belli sono senz'altro legati alle vittorie in casa contro Juve, Lazio e Roma. Ci sono stati tanti bei momenti di squadra e tendo a ricordare di più quelli rispetto ad altri che riguardano le mie prestazioni. Alla fine un giocatore sta dando un contributo a qualcosa di collettivo ed è poi il risultato degli sforzi di tutti a rimanere impresso".
Dopo quel semestre di prestito arrivò l’acquisto a titolo definitivo da parte della SPAL. È possibile che parte delle tue difficoltà possano essere derivate dalla sensazione, anche solo inconscia, di essere stato scaricato dalla Lazio?
"No, nella maniera più assoluta no. Ho ancora oggi un grandissimo rapporto col mister (Simone Inzaghi, ndr) e col direttore (Igli Tare, ndr) e la scelta di quell'estate venne fatta insieme, nell'interesse mio e della società. Ma non mi sono mai sentito scaricato, anzi, sono venuto alla SPAL convinto al 100% e pieno di entusiasmo, nonostante tantissime richieste dopo quei sei mesi fatti molto bene".
Ci può anche stare che un ragazzo di 23 anni possa rimanere deluso dall’idea di non essere valorizzato dal proprio club dopo un prestito positivo.
"Certo, ci sta. Ma quando sei in un grande club ti ritrovi lavorare con dei fenomeni e dei professionisti esemplari. Io invece ero in una fase della carriera in cui ero ancora piuttosto giovane e avevo bisogno di giocare. La SPAL poteva darmi la continuità che cercavo, nel contesto giusto".
Tra l’altro tra un po’ sarà il quinto anniversario del tuo gol decisivo contro la Juventus che consegnò la Supercoppa Italiana alla Lazio. È un bene o un male essere ricordato principalmente per quello?
"Chiunque al posto mio vorrebbe essere ricordato per quello (sorride, ndr). È il sogno di tutti vincere una coppa facendo il gol decisivo all'ultimo minuto e sotto la propria curva. Quindi sì, lo vedo decisamente come un bene. Poi è chiaro che per carattere voglio sempre guardare in avanti e pensare a quello che potrò fare nel futuro. Quel gol rimarrà sempre nei miei ricordi e mi deve servire come stimolo per fare bene e magari associare il mio nome a tante altre cose positive".
Però i tifosi laziali che ti incontrano a Roma ancora oggi ti dicono grazie.
"Sì, sì, capita ancora e penso succederà per sempre (sorride, ndr)".
[Murgia in allenamento nell’estate 2022, foto di Filippo Rubin]
Sarebbe bello potesse accadere anche a Ferrara per qualcosa che hai fatto per la SPAL.
"Quello è l'obiettivo: lo è sempre stato da quando sono arrivato. Dal giorno della retrocessione il pensiero principale è lì: aiutare la SPAL a tornare in serie A perché questa società e questa città lo meritano".
A proposito: che ambizioni avete per il campionato che inizia domenica?
"Questa squadra è forte, anche mentalmente, e lo ha dimostrato in Coppa Italia. Ma non dobbiamo fare l'errore di montarci la testa. Ogni giorno ce lo diciamo tra di noi: 'piedi per terra e pensiamo di partita in partita'. Come dicevo prima, questo campionato è molto difficile e non è il caso di fissare degli obiettivi precisi. Come gruppo siamo consapevoli dei risultati che possiamo ottenere, ma vogliamo rimanere concentrati al 100% sul lavoro che c'è da fare in allenamento e in partita".
E tu che ruolo puoi avere in questa squadra?
"Parto col dire che faccio parte di un gruppo molto sano, sincero e voglioso di fare bene. Questa è la cosa più importante. Non c'è qualcuno che si sente migliore di un altro. C'è davvero un senso molto forte di condivisione. Poi ognuno ha il suo carattere e può mettere al servizio degli altri la propria esperienza ed è quello che cerco di fare io, soprattutto per i ragazzi più giovani. Il mio esempio è quello di un calciatore che si mette a completa disposizione del mister e dei compagni, sia per le questioni tecniche che morali".
Tra le cose che puoi insegnare c’è anche l’arte della pazienza, visto che nello scorso anno a Perugia hai dovuto aspettare un’occasione che di fatto è arrivata molto, molto, raramente. Come si spiega da 196 minuti totali?
"Mi tocca darti la stessa risposta di prima: le scelte non le faccio io. Io ho fatto tutto il possibile per mettere in difficoltà il mister allenandomi al meglio e comportandomi da vero professionista. Lui ha fatto sicuramente le sue scelte per il bene del Perugia e io non ho rimpianti".
Però non puoi essere soddisfatto, visto che un anno nella carriera di un calciatore ha un peso specifico notevole.
"Ovviamente no, chiunque nella mia situazione non lo sarebbe stato".
E hai mai avuto modo di chiedere ad Alvini perché non ti considerasse?
"Sì, certo. Tutti vogliamo delle spiegazioni per le cose che ci accadono. Poi ovviamente i nostri interlocutori possono dirti A, pensare B e fare C. Il mister mi ha dato la sua spiegazione e non sta a me commentarla. Potevo solo allenarmi e aspettare l'occasione giusta. Certo, ci sono state sofferenza, rabbia e delusione perché sono anch'io un essere umano e non posso certo farmi scivolare tutto addosso. L'importante però è non farsi buttare giù e trasformare tutto in motivazioni nuove".
Venturato invece che ti ha detto in questo periodo di campionato?
"In questa fase il mister sta facendo un discorso generale, com'è giusto che sia. Vuole lavorare sulla costruzione di una mentalità da mettere in campo di partita in partita. I campionati si vincono solo con un gruppo compatto, che pensa allo stesso modo e va in un'unica direzione, anche a scapito di quelle che possono essere le idee e le aspettative dei singoli. Noi come giocatori ci dobbiamo mettere a disposizione del collettivo. Secondo me i risultati si sono già intravisti nella partita di Empoli, perché quella è stata una prestazione di squadra molto solida".
Ma tu sarai parte di questa SPAL oppure lasci aperta la porta a una partenza prima della chiusura del mercato?
"Oggi sono qui e mi vedo qui. Mi vedo soprattutto dove ho la possibilità di giocare il più possibile. Quello che cerco è continuità e un progetto tecnico in cui essere coinvolto al 100%. Il mio obiettivo è trovarlo qui, poi si vedrà".
Tempo fa era circolata la notizia della tua disponibilità a rivedere il contratto per garantire più flessibilità a te e un minore aggravio per il bilancio della società. Se ne parlerà concretamente?
"Tutti vogliamo il bene della SPAL. Ma in questa fase parlerei più volentieri dell'aspetto tecnico che di quello contrattuale. Su quello una soluzione si trova sempre, quello che conta è lavorare tutti per lo stesso obiettivo. Per cui la questione passa in secondo piano".
Però quel contratto, firmato con la SPAL in serie A e con l’idea di rimanerci, non rischia di essere un po’ una zavorra per te?
"Il contratto è stato firmato tanto tempo fa e non si può certo cancellare. Certo, da allora sono successe tante cose e quindi è un elemento che va considerato. Ma come ho detto si tratta di un aspetto secondario rispetto a tutto il resto. Penso che da parte di tutti ci sia la disponibilità a trovare delle soluzioni che soddisfino tutti".
Non posso evitare del tutto l’argomento: se oggi qualcuno scrive il tuo nome su Google escono risultati che nulla hanno a che fare con le tue prestazioni in campo. Gli affari personali sono tali e quindi non ti chiederò di entrare nel merito, però vorrei capire una cosa. Quanto è difficile lasciare tutte le chiacchiere e le preoccupazioni della sfera personale fuori dal cancello del campo?
"È facilissimo: basta non parlarne".
Coi media o in generale?
"No no, con tutti".
Capisco. Però questo chiama in causa un altro tema collaterale, ossia quello della salute mentale degli sportivi. Ossia questa tendenza che porta tifosi e giornalisti a considerarvi immuni dagli effetti dell’ansia, della paura e di tutte le sensazioni che le persone comuni sperimentano ogni giorno, con conseguenze che hanno ricadute sull’ambito lavorativo. Quanto incide tutto questo per un calciatore?
”Incide tantissimo. I calciatori devono allenare con grande cura il fisico e la mente insieme, quindi sì, bisogna prestare molta attenzione. Per rimanere in equilibrio bisogna guardare sempre al lato positivo delle cose, anche quando a prima vista non sembra esserci. Concentrarsi sui propri punti di forza e non si quello che non si riesce a fare".
Anche per stavolta è tutto. La prossima newsletter arriverà tra un mese, quindi tra il 9 e il 12 settembre 2022. Se pensi che possa interessare a qualcun*, usa questo link:
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Alla prossima!
Alessandro Orlandin
e la redazione de LoSpallino.com