Luglio 2022: un'altra separazione da Luca Mora
In questa edizione della newsletter: una veloce carrellata sull'ultimo mese e un'intervista in esclusiva a Luca Mora, rimasto svincolato lo scorso 30 giugno
Salve,
se leggi questa mail è perché ti interessa sapere cosa combina LoSpallino.com. Non preoccuparti, non ne riceverai molte: appena una al mese, di norma entro la prima decade perché ormai è una tradizione abbastanza consolidata.
Dalla puntata precedente della newsletter sono successe un altro po’ di cose. La SPAL ha lanciato una campagna abbonamenti per la prima volta dal 2019; la squadra Under 18 ha vinto lo scudetto battendo il Bologna; si è aperto ufficialmente il mercato e ci sono stati cinque arrivi e la squadra Primavera ha visto l’insediamento di un nuovo allenatore.
Nell’edizione che leggerai oggi c’è un solo contenuto in esclusiva: un’intervista a Luca Mora, che oggettivamente non ha bisogno di tante presentazioni. Lo scorso 30 giugno il suo contratto è scaduto al pari di quelli di Pomini e di Giuseppe Rossi. Solo che Pomini ne ha ottenuto un altro, Rossi ha buone probabilità di fare altrettanto e invece il filosofo dovrà trovarsi un’altra squadra. Si tratta di una lettura abbastanza lunga, ma la chiacchierata con Luca è stata talmente bella e spontanea che sembrava un peccato sintetizzarla più del necessario.
Magari tornerò… da candidato sindaco
di Alessandro Orlandin
[Mora abbracciato da Esposito in SPAL-Frosinone]
In "Don’t Think Twice, It’s All Right", uno dei pezzi più famosi scritti da Bob Dylan, c'è un passaggio che sembra aderire bene alla situazione che si è creata tra Luca Mora e la SPAL. Quella di una separazione malinconica che richiede tempo per essere messa nella giusta prospettiva.
I ain’t sayin’ you treated me unkind
You could have done better but I don’t mind
You just kinda wasted my precious time
But don’t think twice, it’s all right
trad:
Non sto dicendo che tu mi abbia trattato male
Potevi fare meglio, ma non importa
Hai un po’ sprecato il mio tempo prezioso
Ma non ci ripensare, è tutto a posto
Dire che il centrocampista ha sprecato il suo ultimo anno e mezzo alla SPAL è senz'altro un'esagerazione da licenza poetica, però le aspettative di gennaio 2021 sono finite col coincidere solo in minima parte con l'epilogo della seconda esperienza ferrarese. "Ci rivedremo comunque in giro per Ferrara qualche volta, - dice lui, giunto alla prima settimana da calciatore senza squadra - sono tornato poco tempo fa anche per il concerto di Solomun. Direi che le possibilità di giocare di nuovo alla SPAL sono molto basse, ma visto che in futuro mi piacerebbe rimanere nell'ambiente... chissà. Si parla pur sempre di Ferrara, che è la città dove ho trascorso più tempo e mi sono trovato meglio. Magari mi candido a sindaco come ha fatto Tommasi (ride, ndr)".
Non dirlo un’altra volta che poi il centrosinistra un pensierino inizia a farcelo per davvero. Meglio ragionare a breve termine: che obiettivi ci diamo con questa intervista?
"Direi di battere il record di letture di quella del 2018, ma soprattutto parlare con sincerità, pur ricordandosi che certe cose non si possono proprio dire".
Hai tanti sassolini da togliere dalle scarpe?
"No, anche perché non voglio fare della polemica. Però dirò quello che penso. Oggi mi trovo senza squadra perché un anno e mezzo fa ho fatto una scelta di cuore, che pochi professionisti avrebbero fatto, rinunciando a 260 mila euro e ad un anno di contratto in più da un'altra parte (col Pisa, ndr). Tutto questo dopo aver aspettato che succedesse qualcosa anche nell'estate 2020, quando Zamuner mi aveva chiamato, ma alla fine non se ne fece nulla perché il mercato in uscita era praticamente bloccato. Anche nell'ultima stagione non sono mancate le occasioni per andare via e trovare soluzioni migliori a livello contrattuale, ma ci tenevo a rimanere qui. Quando sono tornato mi era stato detto che la società era in grosse difficoltà e io ho fatto tutto il possibile per andare incontro alla dirigenza. Dopo il cambio di proprietà forse si sarebbe potuto ragionare sul futuro, o comunque essere un po' più chiari. Purtroppo questo non è successo e denota poca riconoscenza. Ma soprattutto non si può dire pubblicamente che si vuole in squadra gente che ama la SPAL e poi fare scelte che contrastano con questo proposito".
È un po' quello che è accaduto a Floccari l'anno scorso, nonostante lui avesse deciso di smettere di giocare.
"Sergio è stato trattato male, visto che l'hanno tenuto in sospeso tutta l'estate per poi dirgli che non c'era un posto per lui. Certo, c'è stato il trambusto del cambio di proprietà, ma lo considero comunque un errore: io avrei fatto di tutto per trattenerlo a Ferrara, perché è una persona intelligente che vuole bene alla SPAL. Ma anche Missisroli è stato liquidato come fosse un problema, quando invece era un personaggio positivo e un giocatore ancora utile. Nel mio caso a fine agosto 2021, col campionato appena iniziato, Zamuner venne a dirmi che non piacevo al mister (Clotet, ndr) e quindi potevo valutare delle alternative, per quanto lui mi stimasse e sperasse in una mia permanenza per cambiare le cose. Ma con una settimana di mercato rimasta non c'erano i margini per trovare qualcosa di adeguato".
Non doveva essere Clotet a dirti dal principio che non gli piacevi?
"Dipende, non c'è una regola in questi casi. Un allenatore può anche dirlo al direttore sportivo che poi ne parla al giocatore. A me Clotet non ha mai rivolto la parola. Parlava con alcuni e altri gli ignorava. Tra noi non c'è mai stato un rapporto. E io di certo non sono il tipo di persona che va dal mister a chiedere perché non gli piace: sto zitto, mi alleno e dimostro cosa so fare per provare a fargli cambiare idea. Però è un po' strano che un allenatore che ha fatto 18 presenze nella serie B italiana arrivi e si comporti così. Dal punto di vista professionale gli riconosco di essere preparato e di fare ottimi allenamenti, ma per il resto credo gli manchino alcune qualità, come la gestione del gruppo e la cura dei rapporti coi giocatori".
[Mora in azione contro l’Alessandria, foto di Filippo Rubin]
Ma alla fine chi ha deciso che per te non c'era più posto alla SPAL?
"Io posso dire come sono andate le cose, ma ricostruire il processo decisionale non credo sia possibile. Da gennaio in poi non ci sono mai stati discorsi, anche per via dei risultati della squadra. Avevo capito che si andava in una certa direzione, ma speravo ci fosse margine per parlare. A giugno Lupo è stato molto professionale: mi ha chiamato per dirmi che nonostante la stima nei miei confronti non c'era l'intenzione di discutere del contratto. Invece Venturato mi ha detto che se fosse stato per lui sarei potuto rimanere e che non ha mai parlato della mia situazione con Lupo. Poi se uno lo chiede a me c'erano decine di ragioni per le quali io sarei dovuto rimanere alla SPAL, perché non volevo certo un biennale, né un aumento. Anzi, sarei stato disponibile a guadagnare di meno".
Tra le decine di ragioni se ne può elencare qualcuna?
"Beh, intanto penso di aver finito bene la stagione e nel complesso di aver dato una grossa mano a Venturato sia in campo sia fuori. Ad un certo punto la situazione si era fatta difficile, perché c'era una squadra tecnicamente forte che si è trovata in una situazione molto brutta. Non c'erano problemi di spogliatoio, anzi, il gruppo era buono, ma senza certe personalità non so se ne saremmo usciti come poi abbiamo fatto. Considerato che a fine stagione si è deciso di fare piazza pulita nei quadri tecnici penso si intuisca quanto si è stati a rischio di retrocedere. Invece io e un paio di altri anziani abbiamo deciso di contribuire a fare in modo che si andasse in un'unica direzione per salvare la SPAL".
Ad un certo punto Venturato è sembrato un po' sconfortato per la piega che la stagione aveva preso.
"Ha avuto delle difficoltà col subentro a stagione in corso. Non era facile prendere un gruppo in quelle condizioni e infatti non è mai riuscito a trovare la chiave giusta per farlo rendere al suo effettivo livello di potenzialità, che era alto. Ha provato a darci un'organizzazione migliore ed a lavorare su qualche concetto, ma verso la fine contava più la sostanza che altro. Se alla fine non è riuscito a migliorare la media punti di Clotet significa che qualcosa è andato storto, per quanto entrambi avessero attenuanti di vario tipo. Però il dato che è emerso dallo scorso campionato è che squadre più scarse della nostra hanno fatto meglio. Quindi andrà rivisto dall'inizio, con una rosa assortita un po' meglio".
A proposito di sostanza: la festa per la salvezza è sembrata quasi una festa-promozione.
"Questo perché dopo la partita in casa col Crotone (1-1 acchiappato all'ultimo) ci davano tutti per spacciati e penso che anche noi all'interno iniziassimo a convincerci di questo. Come minimo pensavamo che ci sarebbero toccati i playout. Dopo quel risultato ci fu una riunione in cui ci dicemmo: 'Dobbiamo fare 7 punti in tre partite per salvarci senza playout'. Non solo li abbiamo fatti, giocando anche bene, ma alla fine ci siamo resi conto che anche rimanendo fermi a zero ci saremmo salvati comunque. Il calcio è pieno di calcoli sbagliati e questa ne è un'altra dimostrazione. La storia della SPAL della scorsa stagione è quella di un'annata nata male che poteva finire malissimo. Non ci sono dubbi che il campionato sia stato fallimentare in relazione alle potenzialità che avevamo, che io continuo a ritenere molto grandi, ma anche nel fallimento abbiamo tirato fuori qualcosa ed evitato il naufragio".
[Mora durante SPAL-Frosinone, rivolto verso la Ovest - foto di Filippo Rubin]
Il peso delle aspettative è ciò che può spiegare il rendimento terribile che avete avuto nelle partite in casa?
"Non penso, anche in questo caso rischia di essere una chiave di lettura semplicistica. Però i fatti dicono che la SPAL era partita con entusiasmo e gioco, e poi è finita in un tunnel di sfiducia e pessimismo. Per qualcuno questo ha sicuramente pesato. In trasferta quasi nessuno dei tuoi tifosi ti fischia e magari può essere più facile avere quella leggerezza che servirebbe in alcuni casi. In casa si sente il bisogno di fare qualcosa in più, mentre fuori puoi anche fare delle partite difensive come quelle che abbiamo fatto a Cosenza e Crotone. Ma non credo ci sia una regola o una singola spiegazione. Nel girone di ritorno del campionato precedente giocavamo senza pubblico e facevamo schifo lo stesso. A tutti i giocatori capita di pensare: 'Se gioco male in caso la gente mi contesterà'. Bisogna reagire a questo scenario e dire 'Sticazzi', rimanere concentrato e fare di più".
Il pubblico di quest'anno è stato ostile?
"No, non direi proprio. La curva è stata uno spettacolo se si considera certe prestazioni che abbiamo fatto. E non lo dico per fare il leccaculo. Ci stava di contestarci molto più di quanto sia successo. Dopo la partita in casa col Crotone ho fatto notare alla squadra che era il caso di farsi delle domande visto che nessuno ci ha contestato apertamente e in maniera organizzata. Perché avevamo fatto schifo un'altra volta, ma a quel punto non c'erano quasi più aspettative nei nostri confronti. Ed è quello che gli ultras ci hanno ribadito quando ci siamo visti".
Al di là degli ultras, che ragionano in un'altra maniera, è sembrata esserci una dose di sfiducia oltre i livelli di guardia.
"L'altro giorno mi è capitato di leggere online il commento di uno che ha scritto: 'Ci farebbe comodo Castagnetti'. Lasciamo stare che è mio amico, ma cazzo, quando era qui erano più le volte in cui veniva fischiato che altro. Ci vogliono un po' più di spirito critico e di equilibrio. Anche oggi, quando arriva un giocatore, sembra che vengano prese solo delle pippe. Ok, magari non arriveranno dei fenomeni, ma c'è una via di mezzo. Nell'ultimo anno impazzivo ogni volta in cui sentivo dire che Dickmann è scarso. Avrà senz'altro dei difetti e in qualche partita gli sarà mancato un po' di rendimento, ma terzini destri più forti di lui in serie B ce ne saranno due o tre al massimo. Di lui non ci si dovrebbe lamentare. Un discorso simile si può fare per Vicari. Che quest'anno ha reso sotto le sue potenzialità per varie ragioni, ma resta un giocatore forte. Poi sarà lui a doversi fare delle domande sulle sue prestazioni, ma anche l'ambiente non l'ha agevolato".
Fammi tornare un attimo sul discorso del ruolo fuori dal campo. Tanti tifosi, al momento della notizia del tuo addio, hanno detto: "Mora poteva essere tenuto come presenza nella spogliatoio". Ma conoscendoti un po' dubito potesse essere un ruolo in cui ti saresti trovato a tuo agio. Tipo senatore non-giocatore.
"No, infatti, non sarei mai rimasto a simili condizioni. Però avrei potuto comunque accettare un ruolo meno importante. Quando ho sentito dire a Lupo che bisognava aprire le finestre e cambiare aria ho sperato da subito che non si riferisse a me. Invece a quanto pare il ricambio d'aria consiste nel mandare via me, Vicari ed Esposito. Con la differenza che Francesco e Salvatore sono i primi a voler andare. Per cui questa cosa mi fa un po' ridere. Semmai ero una bombola d'ossigeno dentro lo spogliatoio. A livello tecnico posso anche comprendere e accettare la decisione. Ma se vuoi avere un 'vecchio' che ci tiene, che ha senso d'appartenenza e te lo dimostra rinunciando a dei soldi, allora quel tipo di giocatore non potevo che essere io. Anche perché non ne devi avere dieci in rosa. E penso di essere tutt'altro che finito: ho giocato 26 volte e fatto 5 assist. Non sarà stata una stagione eccezionale, ma ho dato un contributo. Poi magari come sesto centrocampista prenderanno uno migliore di me, però qualche dubbio al momento ce l'ho".
Può essere che questa storia del ricambio d'aria sia legata all'onda lunga della depressione post-retrocessione che di tanto in tanto è sembrata riaffiorare nella psicologia della squadra?
"Spero di no, altrimenti sarebbe un ragionamento abbastanza superficiale, di chi non ha approfondito più di tanto la situazione. L'assunto in tal caso sarebbe: 'Veniamo da tre anni brutti, ripuliamo tutto'. Le cose ovviamente sono più complesse di così. Anche perché già nella scorsa estate i cambiamenti furono massicci. Vennero cambiati 16-17 giocatori e nonostante questo la SPAL ha rischiato comunque di retrocedere. Il punto, e capisco sia difficile da accettare, è che ci sono dei cicli e la SPAL è in una fase discendente. Sono successe tante cose negative, anche indipendenti dalle scelte della società, e serve tempo per invertire la tendenza".
Però la sensazione è che tanti giocatori si sentissero un po' sprecati a giocare in serie B.
"Quello non credo, però passare dalla serie A alla lotta per la salvezza in B porta inevitabilmente dentro a un vortice negativo. Poi ognuno lo gestisce in base alle sue capacità. Anche fuori dal calcio un lavoratore scontento non dà il suo meglio e alla prima occasione utile cerca di cambiare. Penso sia un principio applicabile al 99% dei giocatori".
È il caso di Vicari?
"La sua è una situazione classica: giocatore che è qui da molto tempo e che ha visto deteriorarsi i rapporti un po' con tutti. Ha bisogno di andare via per il suo bene e per quello della SPAL".
[Un primo piano da panchina]
La tua situazione invece qual è?
"Eh, una situazione non piacevole perché ho fatto scelte lavorative rischiose e dettate dalla voglia di rimanere a Ferrara. A 34 anni io non mi sento certo vecchio e penso di stare bene, però ci sono tantissimi giocatori più giovani in giro. E nell'ultima stagione ho senz'altro dimostrato meno di quello che potevo effettivamente fare. Essere messo da parte nei primi mesi non mi ha certo aiutato: venivo da anni in cui ero stato sempre titolare in serie B e ho dovuto imparare a ritagliarmi un ruolo diverso. Per cui cerco squadra, qualcosa si sta muovendo. Mi piacerebbe andare dove posso dimostrare che posso giocare ancora ad alti livelli".
I detrattori dicono: "Mora ormai non ce la fa più".
"Ci sta, ma sono in disaccordo. Quando un giocatore di 26 anni fa un campionato così così non succede niente. Mentre se uno di 34 che ne ha sbagliato uno o due al massimo si trova senza squadra allora partono questi discorsi. Fa parte dei luoghi comuni del calcio e quanti giocatori dati per finiti hanno fatto altri tre o quattro anni ad alti livelli dopo essere arrivati nel contesto giusto?".
Quindi nel tuo caso ha pesato più la valutazione tecnica o contrattuale?
"Se non ti rinnovano c'è una valutazione tecnica, di età, di costi e di posti in rosa. Evidentemente la SPAL sul mercato ha l'obiettivo di prendere giocatori più forti. Ma continuo a pensare che lasciarmi andare sia stata una scelta sbagliata".
Ma quanta benzina c'è ancora nel serbatoio?
"Uno lo sa solo quando è vicino alla fine, nel senso che finché ha voglia e sta bene continua. Direi che è il mio caso. Non ho mai avuto infortuni seri e non sono nemmeno uno di quei giocatori super muscolari. Ovviamente non ho l'energia che avevo a 28 anni, però ci sono altre qualità che compensano. Ci sono giocatori che dopo i 30 trovano l'opportunità che li stimola a livello giusto e si allungano la carriera anche di diversi anni. Vediamo cosa succederà".
Ti verrà probabilmente chiesto di essere un esempio per i ragazzi più inesperti. Una veste che in fondo ti è toccata anche nell'ultimo anno.
"Più o meno, ma io mi sento ancora giovane nell'animo, anche perché giocando a calcio si fa sempre più o meno la stessa vita, sia che ci si trovi in età da università o in quella più adulta. Chiaro, di recente i miei ritmi sono cambiati per via della bambina (Olivia, nata lo scorso 31 gennaio), però non vedo tutta questa distanza coi ragazzi più giovani. Anche per questo ho sempre sentito rispetto dovunque sia andato. Non mi vedo come uno di quei leader che danno delle regole e si incazzano se non vengono rispettate. Per esempio Sergio (Floccari, ndr) era un po' più duro, forse perché fa parte di un'altra generazione. Quando si arrabbiava erano guai. Io invece sono più permissivo, cerco di fare capire le cose col dialogo e di responsabilizzare i compagni. Mi pare di essere stato tutto sommato ascoltato, anche se mi rendo conto che ai ragazzi delle nuove generazioni non gliene freghi un cazzo se uno ha giocato tanti anni o fatto chissà quali risultati. Sono un po' galletti in generale. Per questo servono le dirigenze che diano un po' di legittimità ai giocatori più esperti, pur facendo attenzione a mantenere l'equilibrio. Perché lo scenario opposto è quello del gruppo dei vecchi che vuole mantenere il posto senza far crescere i giovani".
[Un invito alla calma]
Quindi guardando indietro com'è andata la tua seconda vita alla SPAL?
"Nonostante la scelta lavorativa un po' infelice sono molto contento di essere tornato. Probabilmente è stata una sfida che non ho vinto del tutto. Sapevo benissimo che ci sarebbero stati molti dubbi e li avevo anch'io. Perché un conto è tornare in un posto convinti come lo ero io, un altro era farlo nell'unica squadra che mi voleva per rubare lo stipendio. Io due anni fa mi sono detto: 'Torno là e mi rimetto in gioco', perché il tarlo mi era rimasto fin dal 2018, quando ero andato via e mi era dispiaciuto enormemente. Alla fine sono tornato alla SPAL in serie B e la lascio ancora lì. Ne è valsa comunque la pena perché non tutte le annate possono essere fantastiche come quelle che avevo vissuto prima e questo mi ha permesso di imparare molto, su me stesso e sul calcio. È valsa la pena anche solo per l'esultanza del gol a Perugia, a maggior ragione perché sono riuscito a entrare nell'azione e penso che quel momento rimarrà impresso nella storia della SPAL. E poi ho salutato il pubblico in un giorno in cui la curva era piena, quindi è stato un finale un po' da film americano".
A proposito di americani. Che impressione ti ha fatto Tacopina? La sensazione è che non vi abbia fatto poi questo gran favore a parlare di playoff quando eravate a distanza siderale da quelle posizioni di classifica.
"Non ho mai avuto un rapporto diretto con lui e per questo non ho un'opinione precisa. Però devo dire che si è sempre comportato abbastanza bene con noi, Non ha mai fatto uscite sbagliate e anzi, ci ha sempre trasmesso carica. E poi ha sempre pagato puntualmente, che nel calcio di oggi non è un dettaglio di poco conto. Ha preso la SPAL in un momento di difficoltà e sta spendendo dei soldi: penso sia il caso di essergli grati. Quanto alle dichiarazioni durante la stagione non ci do troppo peso e penso che nemmeno gli altri ragazzi l'abbiano fatto. Ho visto e sentito di molto peggio altrove. Per come la vedo io è apprezzabile che un presidente dica che la squadra è da playoff se il suo valore tecnico è quello. Perché i valori per arrivarci li avevamo davvero, solo che tante cose sono andate storte. Poi è chiaro che c'è sempre da considerare la reazione dell'opinione pubblica. Quando sei messo malissimo magari è il caso di rivedere la posizione per tenere a bada la gente, ma penso che le parole di Tacopina su questo argomento non abbiano avuto alcun ruolo sul nostro rendimento. I problemi erano altrove".
Di sicuro l'approccio è radicalmente diverso da quello che della famiglia Colombarini, che tu avevi conosciuto molto bene.
"Per come sono fatto io preferisco una gestione familiare e radicata sul territorio, ma sono sicuramente condizionato dal legame che ho con i Colombarini e dal fatto che negli anni della doppia promozione è stato tutto bellissimo. Purtroppo la retrocessione ha causato tanti problemi e si era percepita un po' di stanchezza. Quando le cose vanno male bisogna ragionare in termini di business, lasciando da parte i sentimenti. Io in ogni caso sono grato ai Colombarini così come lo sono a Mattioli, a Zamuner ed a Marino che mi hanno riportato a Ferrara. Giorgio può aver fatto qualche errore, ma è tornato alla SPAL nei due anni peggiori, con una società dal bilancio devastato e una marea di gente che non vedeva l'ora di andarsene. E c'è stata un po' di sfortuna, oltre ai demeriti della squadra. Perché un anno fa sarebbe bastato un pareggio in più per andare ai playoff da quinti e cambiare il senso dell'intera stagione".
Poche ore dopo il finale di SPAL-Frosinone un paio di amici mi scrissero: 'Mora non ha lanciato la maglia in curva perché ha detto che è l'ultima'. La terrai in un luogo speciale?
"In realtà avevo detto anche 'probabilmente' perché un po' di speranza ce l'avevo ancora. Mi piacerebbe fare bella figura dicendo che occuperà un posto particolare, ma in realtà le poche magliette che ho voluto conservare sono a casa dei miei genitori a Parma e credo che alcune farei anche fatica a distinguerle tra loro. Questo comunque non gli toglie importanza e sono felice di averle".
Anche per stavolta è tutto. La prossima newsletter arriverà tra un mese, quindi tra il 9 e il 10 agosto 2022. Se pensi che possa interessare a qualcun*, usa questo link:
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Alessandro Orlandin
e la redazione de LoSpallino.com