Maggio 2022: Marco Mancosu, oltre la paura
In questa edizione della newsletter: una veloce carrellata sull'ultimo mese e un'intervista in esclusiva a Marco Mancosu, il giocatore che ha trascorso più minuti in campo nella stagione 2021/2022
Salve,
se leggi questa mail è perché ti interessa sapere cosa combina LoSpallino.com. Non preoccuparti, non ne riceverai molte: appena una al mese, di norma entro la prima decade perché la nostra attività è ricominciata lo scorso 8 settembre 2021 dopo una pausa iniziata a giugno e conclusa grazie all’intervento di un editore al quale siamo piuttosto grati.
Dalla puntata precedente della newsletter sono successe un altro po’ di cose. La SPAL ha conquistato una salvezza sudata, Tacopina ha deciso di congedare tutti i dirigenti dell’area tecnica, Gazzoli ha parlato un po’ dei piani futuri e Rossi si è infortunato di nuovo.
Nell’edizione che leggerai oggi c’è un solo contenuto in esclusiva che avevamo in mente da qualche tempo: un’intervista a Marco Mancosu, ossia il giocatore più utilizzato della rosa della SPAL con oltre 2.900 minuti passati in campo. Il trequartista sardo racconta la sua stagione, ma anche del suo modo di vedere il calcio, la vita e… la competizione in generale. Si tratta di una lettura abbastanza lunga, ma la chiacchierata con Marco è stata talmente bella e spontanea che sembrava un peccato sintetizzarla più del necessario.
Se non vinco mi arrabbio (e non poco)
di Alessandro Orlandin
[Marco Mancosu dopo il gol segnato alla Reggina, in una foto di Filippo Rubin]
L’incontro con Marco avviene in una delle sale riunioni del centro sportivo “G.B. Fabbri”, con una finestra aperta proprio sul campo che aspetta i biancazzurri per uno degli ultimi allenamenti della stagione. Giusto qualche corsetta extra prima di svuotare gli armadietti dello spogliatoio e voltare pagina dopo una stagione emotivamente impegnativa.
Siamo in un classico clima da ultimi tre giorni di scuola.
”Meglio, meglio (ride, ndr). Perché io mi ero molto spaventato nell’ultimo mese. Ora che siamo salvi c’è un’aria di euforia. Siamo complessivamente contenti e sereni per aver raggiunto l’obiettivo”.
Se vogliamo rimanere nell’analogia scolastica, la SPAL è sembrata lo studente un po’ svogliato che deve rimettere in sesto la pagella con le ultime tre interrogazioni dell’anno per evitare la bocciatura.
”Sì, più o meno è andata così. Quando abbiamo avuto sul serio la paura di retrocedere siamo stati in grado di tirare fuori prestazioni che non ci erano mai riuscite fino a quel momento. Come lo studente che si mette sui libri e ci sta tutto il giorno. Il rimpianto sta lì: non aver avuto quel tipo di tensione quando non era del tutto obbligatorio averla. Ossia saper usare consapevolmente la paura come una motivazione per fare risultato. Spero che questa lezione ci serva l’anno prossimo”.
Cos’è che ha portato a quel tipo di situazione?
”Eh, come dicevo prima c’entrano molto la paura e la pressione. Se c’è la giusta pressione maturi la capacità di usarla a tuo favore per alzare il livello di prestazione. Invece noi siamo stati a lungo in una specie di limbo nel quale ci dicevamo: ‘Ok, va bene, c’è la prossima e faremo meglio’. Siamo andati avanti a seconde possibilità ed è diventato un loop che ci ha incasinati. Quando di seconde possibilità non ne abbiamo più avute ognuno ha tirato fuori il suo meglio. Perché questa è una squadra davvero forte, ma alla quale è mancata la giusta concentrazione”.
Quando alla 35^ giornata avete pareggiato in casa col Crotone, tra l’altro prendendola per i capelli, tutti o quasi abbiamo pensato: “Dove vuoi che vada questa squadra contro Brescia, Frosinone e Benevento”. Voi invece come avete ragionato?
”Più o meno alla stessa maniera ed è lì che forse abbiamo davvero capito tutti cosa c’era in gioco e che dovevamo guadagnarci la salvezza facendo punti pesanti. Personalmente mi sono preoccupato molto quando ho visto che l’Alessandria aveva battuto il Cittadella. Non credo sia un caso che subito dopo siamo riusciti a fare una bella prestazione a Brescia e poi ad avere continuità col Frosinone. E si parla di avversari forti, segno che anche noi le qualità per competere le avevamo eccome”.
Ma di aspettative e di pressioni non ve ne aveva messe abbastanza Tacopina con continui riferimenti ai playoff?
”Il presidente è un tipo ambizioso e non è politicamente corretto, per cui dal suo punto di vista ha fatto bene a stimolarci in quel modo. Il problema è che tra il dire e il fare ci sono in mezzo mille altre cose che noi non siamo riusciti a controllare. Se fossimo stati in grado di salvarci con dieci giornate d’anticipo avremmo potuto provare spostare il nostro obiettivo in avanti, un po’ come ha fatto il Perugia. Invece, quando abbiamo capito che i playoff erano fuori dalla nostra portata, ci siamo come scaricati. Se c’è una cosa che ho imparato nelle esperienze precedenti è che bisogna ragionare per piccoli obiettivi intermedi”.
Dopo SPAL-Frosinone in uscita dallo stadio mi è capitato di incrociare un tuo compagno, di quelli piuttosto esperti, che mi ha detto: “Siamo passati da un buco stretto”.
”(Ride, ndr) Te l’ha spiegata bene. Tutti i più anziani erano preoccupati perché la situazione rischiava di essere drammatica e non ci potevamo permettere di far retrocedere la SPAL. Io mi sarei sentito parecchio in colpa e non me lo sarei perdonato”.
Dickmann un mesetto fa ci disse: “Anche se non ti piace lottare per la salvezza te lo devi far piacere”.
”Ha detto una cosa giusta. Quando eravamo pienamente invischiati nella lotta salvezza si sentiva ancora parlare di playoff e questo non era ideale. Tanto fuori quanto dentro la squadra. Ci è capitato di perdere una partita, guardare la classifica e dire: ‘Eh però i playoff li possiamo ancora prendere’, quando in realtà era una prospettiva irrealistica. Personalmente preferisco ragionare per obiettivi graduali. Al tempo stesso mi trovo d’accordo con Tacopina quando dice che non si può iniziare la stagione con la prospettiva esplicita di un campionato anonimo. Gli obiettivi devono essere sempre ambiziosi e ci deve essere sempre entusiasmo, ma molto dipende da come quegli obiettivi intendi raggiungerli. In genere prima di tutto c’è sempre la salvezza, poi eventualmente i playoff e poi altro ancora”.
A livello strettamente personale che bilancio ti senti di fare?
”Sono molto contento di come ho reagito a livello fisico dopo i problemi di salute che ho avuto lo scorso anno. Nel calcio ci sono tanti pregiudizi: dopo un infortunio serio, magari la rottura di un legamento crociato, tutti cominciano a dire ‘Chissà se tornerà come prima’. Figuriamoci nel mio caso (il riferimento è all’operazione chirurgica a causa di un tumore a maggio 2021, ndr). Invece mi sono sentito benissimo tutto il tempo ed era un obiettivo per me stesso. A livello tecnico mi do un 6 in pagella perché mi identifico con la squadra e non posso pensare di aver fatto particolarmente bene se la SPAL si è salvata alla penultima giornata. Quindi punto a migliorare molto nella prossima stagione”.
Quando la SPAL ti ha ingaggiato la notizia ha fatto molto rumore, visto che eri uno degli elementi più importanti di una squadra che aveva fatto la serie A e fino a qualche mese prima s’era giocata la possibilità di tornarci. Hai avvertito il peso delle aspettative nei tuoi confronti?
”Sì, è normale, le aspettative partivano già dal presidente che era contentissimo di avermi preso. Però il calcio non è un’equazione e quindi non basta aggiungere un singolo elemento per far funzionare una squadra. Ci sono altre mille cose da considerare. Come ho già detto altre volte, per me il primo anno è sempre il più complicato perché ho bisogno di un po’ di tempo per ambientarmi e conoscere bene i compagni. Per questo spero che il secondo anno possa andare molto meglio, soprattutto a livello collettivo. Quando ho fatto 14 gol in serie A sono retrocesso quando invece avrei preferito farne meno e conquistare la salvezza. Gli obiettivi personali vengono sempre in secondo piano”.
In ogni caso sei gol li hai fatti e sei il secondo miglior marcatore della squadra dietro a Colombo, solo perché hai giocato 751 minuti in più rispetto a lui. Non sei riuscito a entrare nella top12 dei gol più belli della stagione scelta da LoSpallino.com, anche se ci sei andato vicino con quello fatto all’Alessandria…
”Ma no, quello è un gol di merda, lo puoi scrivere tranquillamente (ride, ndr)”.
Ma ce n’è uno che consideri bello per i tuoi standard?
”Quello con la Reggina mi è piaciuto particolarmente perché ho segnato di punta e in carriera non mi era mai riuscito. Se invece devo decidere per importanza dico quello col Crotone, perché ha pesato tantissimo sul risultato”.
[Un’altra esultanza stagionale di Mancosu, foto Filippo Rubin]
Ma ora che è tutto finito sei riuscito a dare una spiegazione alle difficoltà che avete avuto in casa?
”Ce ne possono essere diverse. Ferrara è una piazza davvero importante e non lo dico come frase fatta. I tifosi ci tengono tantissimo e non ci hanno mai fatto mancare il supporto, anche a livello di numeri. Tanti giovani però hanno un po’ sofferto la pressione, non erano abituati a un certo tipo di ambiente. Fuori casa può essere capitato di dirsi ‘Va beh, tanto c’è nulla da perdere’ e quindi di fare prestazioni di un certo tipo. Mentre in casa eravamo arrivati ad un punto in cui bisognava assolutamente fare risultato. Questo probabilmente ci ha un po’ bloccati”.
Tra le costanti della stagione c’è stata la tua inamovibilità dai titolari, sia con Clotet, sia con Venturato. L’unica differenza forse è stata rappresentata dai compiti in campo, nel senso che nel girone di ritorno hai giocato molto di più da trequartista.
”Essere stato il più presente in campo mi fa piacere, perché vuol dire che a 33 anni sto ancora molto bene. Per il resto è già da un paio d’anni che mi divido tra il ruolo di trequartista e quello di mezzala e se devo dire la verità mi piace molto di più il secondo. Di norma gli allenatori mi mettono a trequarti e poi mi spostano nel corso del campionato. È successo anche con Liverani che è l’allenatore con cui ho lavorato di più”.
Quindi uno degli obiettivi della prossima stagione, ammesso rimanga Venturato, è quello di farti spostare nel ruolo di mezzala.
”(Ride, ndr) Nell’ultima partita mi ha messo lì e le cose sono andate bene, per cui vediamo cosa succederà. L’allenatore è sempre quello che comanda e quindi io farò quello che lui ritiene più opportuno per la squadra. Non voglio certo creare confusione chiedendo questo o quello perché è il mister ad avere la visione d’insieme”.
Quando si parla di te bisogna per forza andare sul tema dei rigori e la statistica andrebbe un po’ migliorata, sei al 33% di realizzazione. Quello col Cosenza è stato il più pesante da sopportare?
”Sulla scelta dei rigoristi s’è detto molto, però non si è tenuto conto del fatto che decide l’allenatore. Se lui decide che io sono il primo rigorista devo prendere il pallone e andare sul dischetto. Fino alla partita col Cosenza le cose stavano in questo modo, dopo è stato messo qualcun altro, solo che non è emerso perché di rigori non ce ne hanno più dati. Ed è stata un scelta giusta da parte del mister perché forse io non sono più bravo come una volta a calciarli. Ci sono i numeri a dirlo”.
E cosa è cambiato?
”Ci sono periodi in cui è tutto bello e li segni quasi senza pensarci. Poi quando arriva il primo errore qualcosa ti si insinua nella testa e diventa un problema. Così com’è vero che tirare molti rigori significa fornire più materiale di studio ai portieri. Quindi a volte bisogna provare a cambiare, ma magari non ci si sente sicuri al 100% come nelle occasioni precedenti”.
[Mancosu consolato da Vicari dopo l’errore dal dischetto in SPAL-Cosenza, foto Rubin]
Nel contesto della partita col Cosenza sei sembrato molto condizionato da quell’errore a inizio partita.
”No, non credo sia stato quello. O meglio, non solo. La verità è che stavo male fisicamente dopo essere rientrato in fretta dall’infortunio, perché non volevo rimanere fuori in un periodo nel quale la squadra stava faticando. Ho avuto la sfortuna di infortunarmi nel momento in cui ero veramente al massimo della forma, mi sentivo veramente alla grande. Molti mi considerano un giocatore più tecnico che fisico, ma io mi vedo all’esatto contrario. Più gioco e più sto meglio, infatti c’è stato il periodo di partite ravvicinate e le ho giocate tutte perché ero veramente in ottime condizioni. Dopo essere rientrato non sono più riuscito a raggiungere quel livello e infatti ho chiuso il campionato che mi sentivo tritato. Però volevo lottare assieme ai miei compagni perché era troppo importante”.
È stato un po’ quello che ha provato a fare Viviani fino a che non s’è dovuto arrendere.
”È vero, infatti ci facevamo forza a vicenda e gli dicevo sempre ‘Fede, non rompere i coglioni e prenditi un antidolorifico che bisogna giocare’. Solo che il suo infortunio era più pesante e ha dovuto fermarsi per forza”.
Pur con la caviglia messa in quel modo ha fatto un gol assurdo ad Alessandria.
”Incredibile, non ho mai visto un gol del genere su punizione”.
Infatti se la sta giocando per il titolo di miglior gol stagionale.
”Sì, vabbé, vince a mani basse, non scherziamo… chi altro c’è in corsa?”
Per il momento è una volata tra il suo, quello di Rossi a Vicenza e quello di Dickmann col Frosinone.
”Quello di Vivio è inarrivabile. Lollo (Dickmann, ndr) mi ammazzerà, però quello di Peppe è stato straordinario, ha scartato tutti. Lo metto al secondo posto”.
In quel periodo di semi-onnipotenza fisica hai davvero dato l’impressione di volerti caricare la squadra sulle spalle, perché è capitato spesso di vederti giocare a tutto campo.
”Era proprio il periodo nel quale ero al massimo e infatti quando il mister mi ha sostituito sul 3-0 nella partita contro la Ternana ho rosicato. Però aveva le sue ragioni nel volermi fare tirare un po’ il fiato. Solo che quando entro in trance agonistica smetto un po’ di ragionare”.
Un momento di trance agonistica è stato anche quello della barella di SPAL-Reggina?
”Diciamo di sì. Ce l’avevo coi barellieri perché ci stavano mettendo troppo tempo a portare fuori Cionek! Un conto è se fossimo stati fuori casa, lì avrei potuto capire, ma noi non potevamo perdere tempo e bisognava essere veloci. Penso sia uno degli esempi tipici del concetto di ambiente per come lo intendo io. Avrei voluto vedere più capacità di fare le cose insieme in un certo modo”.
[Mancosu e Meccariello provano a “trascinare” fuori Cionek in SPAL-Reggina, foto Rubin]
Cosa intendi di preciso?
”Faccio un altro esempio. Quando sono venuti i tifosi a parlarci hanno detto cose veramente giuste e tutti ci siamo sentiti male per loro, perché l’unica risposta che potevamo dare era: ‘Avete ragione e ci dobbiamo scusare’. Se avessimo avvertito quel tipo di pressione un po’ prima forse ci saremmo svegliati senza aspettare così tanto. Per questo mi auguro che nella prossima stagione ci siano più aspettative nei nostri confronti. La pressione ti può far stare male, ma può anche aiutare a vincere”.
Se serviva una dimostrazione della gratificazione che vi possono dare i tifosi qui a Ferrara penso l’abbiate vista il giorno di SPAL-Frosinone.
”Devastante, bellissimo davvero. Ma infatti ripeto che questa è una piazza importantissima. C’è tutto: pubblico numeroso, stadio bellissimo, una grande storia. Ferrara merita molto di più di quello che abbiamo fatto quest’anno. Se ognuno nell’organizzazione, dalla dirigenza in giù, farà qualcosa in più per mettere le basi per una stagione diversa penso faremo bene”.
Nel frattempo la tua ex squadra, il Lecce, ha fatto finalmente festa. Così come ha fatto la Cremonese. A inizio stagione te le saresti aspettate là davanti?
”Il Lecce sì, perché già nel girone d’andata avevo visto una squadra molto compatta e che riusciva ad avere continuità in un campionato difficilissimo. Sono stati bravissimi e gli faccio i complimenti. La Cremonese all’andata non me l’aspettavo, ma al ritorno mi è sembrata forte. Il fatto che si sia deciso tutto all’ultima giornata ha fatto sì che non ci fossero certezze: bastava un episodio per stravolgere tutto”.
Un anno fa raccontavi di essere stato operato a causa di un cancro. In questi dodici mesi cos’è cambiato nella tua vita, al di là della dimostrazione di poter stare ancora molto bene fisicamente nonostante i dubbi?
”È stata un’esperienza molto complicata da gestire a livello mentale e non posso dire che sia superata al 100%. Molto spesso ci ripenso e devo farci i conti. Però mi ritengo molto fortunato e qualunque cosa io dica suonerebbe una completa banalità già detta mille altre volte in situazioni del genere. La verità è che sono felice della vita che sto avendo ora”.
Una vita che ovviamente prescinde dal calcio, ma comprende anche tanto altro. Com’è andato il primo anno a Ferrara dopo una vita passata tra sud e isole?
”Ho sofferto tantissimo il freddo (ride, ndr)! Nei mesi invernali penso di non essere mai uscito da casa se non per andare all’allenamento o per qualche uscita per accontentare mia moglie. In questo periodo stiamo riscoprendo un po’ la città perché sembra essere uscita dal letargo e quindi capita di fare una passeggiata o un giro in bicicletta. È impressionante vedere quant’è organizzata e vitale Ferrara appena arrivano le belle giornate”.
Tra le altre cose sei stato uno dei partecipanti del fantacalcio di spogliatoio: lì com’è andata la stagione?
”Stagione piena di sofferenze, ma ultimamente sto volando. Viene quasi la voglia di fare un paragone con la SPAL (ride, ndr). Purtroppo, arrivato a questo punto, non serve a niente perché ha già vinto Tripaldelli. Gli faccio i complimenti e dico che sono contento soprattutto di non essere arrivato ultimo”.
Chi è arrivato ultimo?
”Luca Mora assieme a Tommy Caselli (uno dei due magazzinieri della SPAL, ndr): deve saperlo tutta Ferrara (ride, ndr)! Dicono tanto che i giovani non capiscono e non hanno esperienza e invece in fondo alla classifica sono arrivati due dei più anziani. Anche se io nelle ultime due partite posso ancora salire un po’, mentre lui e Tommy rimarranno lì (ride di nuovo)”.
Il fantacalcio può essere davvero crudele e frustrante.
"È un gioco bruttissimo e che non farò mai più, perché ti fa venire un nervoso come pochi altri (ride, ndr). Io sono un competitivo che vuole vincere in qualunque cosa e non poter controllare gli eventi mi dà un fastidio enorme. Puoi chiedere a qualunque compagno di squadra, anche perdere le partitelle mi fa imbestialire. Una volta al fantacalcio ho perso di mezzo punto perché Veretout (il centrocampista della Roma) si è fatto ammonire al 94’. Dopo quel cartellino giallo l’arbitro ha fischiato la fine. Quel giorno stavo letteralmente impazzendo”.
I giocatori professionisti poi vengono regolarmente molestati sui social, nel bene e soprattutto nel male.
”È un roba assurda anche quella. Di recente sono andato a vedere gli Internazionali di tennis a Roma e non sai quanta gente mi ha fermato per dirmi ‘Grande, mi hai fatto vincere un fantacalcio due anni fa’ e cose di questo tipo. Al tempo stesso mi è capitato di ricevere messaggi da gente che mi insultava dopo un rigore sbagliato perché magari questo aveva influito su un fantacalcio o su delle scommesse. C’è tanta gente che non sta bene”.
Anche essere competitivi patologici però rischia di esporre a dei danni.
”È vero e infatti c’è soprattutto Dickmann che mi prende sempre in giro perché che si tratti di pallone, freccette o Playstation io voglio sempre vincere e se non ci riesco mi arrabbio e soffro per le prese in giro degli altri. Purtroppo è una cosa istintiva, vincere - a qualunque cosa - ti dà sensazioni che altre esperienze non ti danno. Talvolta devo stare attento a non farmi odiare da mia moglie perché sono così con lei anche quando giochiamo a tennis (ride, ndr). Una volta ha lasciato il campo da quanto l’ho fatta innervosire”.
[Mancosu contrasta un avversario del Como, foto Rubin]
Concludiamo con un piccolo test per vedere quanto conosci bene la tua squadra e quanto spirito d’osservazione hai. Sai chi è il giocatore che ha tirato più volte verso le porte avversarie in stagione?
”Penso sia Vivio”.
No, sei tu: 77 volte complessive contro le 69 di Colombo e le 52 di Viviani.
”Bene dai (ride, ndr)”.
In percentuale sai chi ha centrato più volte la porta?
”Vivio?”
Bravo, è stato lui nel 50% dei suoi tentativi. Chi invece ha colpito più volte di testa verso la porta?
”Eh, occhio… potrebbe non essere così scontata. Potrei essere io”.
Quasi, sei secondo con 8. Davanti a te c’è Colombo con 10.
”E pensa che lui dice sempre che di testa non ne prende neanche una (ride, ndr)”
Chi ha messo più cross di tutti?
”Dickmann, sicuramente”.
Bravo, ne ha provati ben 96. Tu comunque sei terzo con 61.
”Eh lo immaginavo perché comunque mi allargo molto”
Chi ha giocato più uno contro uno?
”Potrei essere io, oppure Colombo”.
Esatto, sei primo con 115 e Colombo ti segue con 107.
”Sembra quasi io abbia l’occhio dell’allenatore (ride, ndr)”
Ora si va sul difficile. Chi ha vinto più duelli difensivi?
”Capradossi… oppure Vicari”.
Corretto. Infine: maggior numero di passaggi filtranti e passaggi chiave.
”In entrambi i casi dovrei essere io il migliore”.
Ed è così, primo in entrambe le categorie con 61 e 21. Numeri alla mano non sembra una stagione da 6 e basta.
”Forse no, ma a conti fatti io sono contento di quello che ho fatto complessivamente, anche alla luce di questi freddi numeri. Però chi può dire d’aver fatto davvero bene in una stagione come questa? Penso non debba mai mancare il pensiero di voler fare di più e migliorarsi. Se poi il miglioramento dovesse aiutare la squadra a vincere sarei ancora più felice. Per questo spero che nella prossima stagione venga messa insieme una squadra con una mentalità di un certo tipo. Dovremo essere umili, consapevoli e affamati”.
Anche per stavolta è tutto. La prossima newsletter arriverà tra un mese, quindi tra il 9 e il 10 giugno 2022. Se pensi che possa interessare a qualcun*, usa questo link:
Alla prossima!
Alessandro Orlandin
e la redazione de LoSpallino.com