Marzo 2022: riscoprire Viviani
In questa edizione della newsletter: una rapida carrellata sull'ultimo mese e un'intervista in esclusiva a Federico Viviani, che magari sbloccherà LoSpallino su Instagram
Salve,
se leggi questa mail è perché ti interessa sapere cosa combina LoSpallino.com. Non preoccuparti, non ne riceverai molte: appena una al mese, di norma entro la prima decade del mese perché la nostra attività è ricominciata lo scorso 8 settembre 2021 dopo una pausa di qualche mese che ci ha visti entrare nell’orbita di un editore al quale siamo piuttosto grati.
Dalla puntata precedente della newsletter sono successe un altro po’ di cose. La SPAL ha preso un paio d’imbarcate molto preoccupanti (contro Monza e Parma), ha perso quello che sembrava uno scontro diretto (con la Reggina) e ottenuto vittorie (con Ternana e Como) che l’hanno tenuta in piena corsa per l’obiettivo stagionale della salvezza. Tacopina si è un tantino adirato, Abou è stato spedito in Bulgaria, altri 26 tifosi biancazzurri si sono beccati altrettanti Daspo su cui ci sono parecchie ombre e Mancosu si è fatto male (per fortuna non seriamente).
Nell’edizione che leggerai oggi c’è un solo contenuto in esclusiva, ma che ha richiesto una buona dose di impegno. Si tratta di un’intervista in esclusiva a Federico Viviani, giocatore che è sotto contratto con la SPAL fin dal 2017 e che all’interno di questo lustro sembra aver vissuto più vite. Nella stagione in corso Viviani si è rilanciato in maniera brillante, diventando un elemento indispensabile sia con Pep Clotet sia con Roberto Venturato. E visto che la nostra stessa testata negli anni è sempre stata piuttosto scettica in merito al suo recupero ci è sembrato sensato sederci al tavolo con lui - grazie alla collaborazione dell’ufficio stampa - per capire meglio cosa lo ha portato a invertire una tendenza preoccupante. Buona lettura!
Cinque anni dopo Viviani è un’altra storia
di Alessandro Orlandin
[Federico Viviani in una foto di Filippo Rubin]
Federico, quest’intervista parte da un’ammissione. Negli ultimi due anni, quando sollecitato sull’argomento, ho detto spesso che non consideravo realistica la prospettiva che tu potessi tornare a giocare ad alti livelli. Invece mi hai dimostrato che sbagliavo.
“(Ride) Non sei l’unico che ha avuto questo pensiero”.
Quindi ammetto, e sono lieto di farlo, di essermi sbagliato sul tuo conto. Però dimmi come sei riuscito a fare in modo che accadesse, che è la parte senz’altro più interessante.
”Non eri il solo, tanta gente pensava che non potessi più tornare a giocare a certi livelli. Ci sono stati momenti in cui anch’io avevo questo genere di dubbio. Soprattutto nella fasi più difficili. Penso sia umano e del tutto normale. Però la voglia di fare quello che ho sempre sognato da bambino e il pensiero di tutti i sacrifici fatti lungo il percorso mi hanno portato a cercare un modo per dare una svolta. Rendendomi anche conto che quanto fatto fino a quel momento magari non era abbastanza e serviva di più. Una delle prime cose che ho fatto ad aprile 2020 è stato ingaggiare un mental coach, Stefano Tavoletti, al quale devo tanto. Mi è stato molto vicino, al pari della mia famiglia e dei miei procuratori (Giampiero Pocetta e Giovanni Ferro, ndr). Eravamo in piena pandemia e venivo da un periodo pieno d’infortuni. Lì mi sono detto: ‘Ripartiamo da zero e in modo diverso’ e ho cominciato a cercare di conoscermi meglio, anche leggendo diversi libri e con le tecniche di meditazione. Così sono riuscito a diventare più tranquillo, più sereno soprattutto con me stesso. Piano piano sono ripartito e all’inizio di questa stagione ho consultato anche un nutrizionista (Silvio Palazzo, ndr) che mi ha aiutato con una dieta molto precisa. Questo è stato fondamentale anche per recuperare la migliore condizione dal punto di vista fisico. Curando i dettagli fino al minimo particolare ho ritrovato l’equilibrio”.
Ora sei reduce da un altro ritorno e nel mese in cui sei stato assente non c’è stata singola occasione nella quale i giornalisti non chiedessero a Venturato quanto tempo sarebbe servito per rivederti in campo.
”Quando si viene da diversi infortuni, alcuni dei quali gravi, si è sempre molto cauti. L’anno scorso appena sono uscito dal Covid mi sono strappato completamente e sono rimasto fuori tre mesi. La cicatrice sul quadricipite crea sempre un po’ di preoccupazione. Per cui abbiamo deciso assieme allo staff di farmi rientrare dopo una settimana extra di allenamento, anche se se fosse stato solo per me avrei giocato anche su una gamba sola. Diciamo che devo stare un po’ più attento. Ora, facendo gli scongiuri, mi sento di dire che è stata la scelta migliore”.
A inizio stagione Pep Clotet ti aveva elogiato pubblicamente, sottolineando come ti fossi presentato in ritiro in ottime condizioni atletiche e con motivazioni molto solide. Anche se la sensazione è che il riscatto fosse iniziato prima, già nella parte finale della stagione 2020/2021 con mister Rastelli.
”È vero, già da gennaio ero comunque rientrato piano piano facendo la partita di Coppa Italia contro la Juve. Da quel momento mi sono rimesso subito sotto con il recupero e quando è arrivato Rastelli mi ha detto: ‘Se stai bene ti faccio giocare’. Non chiedevo altro e lavorando il più possibile ho messo le basi per questa stagione. Se poi si parla di Clotet devo dire che gli devo molto. Con lui ho sviluppato un bellissimo rapporto. Già in ritiro mi ha voluto mettere al centro della squadra e questo per me ha rappresentato una motivazione extra, perché con gli allenatori venuti prima di Rastelli non avevo ricevuto fiducia. Dipendeva soprattutto da me eh, non da loro. Bisogna mettersi in discussione e immagino che vedendomi in difficoltà non fossero convinti di farmi giocare”.
Clotet è stato sostituito da Roberto Venturato e questo significa che la squadra non è stata all’altezza delle aspettative. Da inizio stagione non si fa che dire che l’organico vale più punti di quelli che effettivamente ha, per cui cos’è andato storto?
”Quando viene messo insieme un gruppo giovane può succedere che le cose non vadano al meglio, soprattutto in un campionato particolare com’è questo. Fino ad un certo punto della stagione abbiamo avuto la rosa più giovane dell’intera serie B. Per cui siamo partiti con tanta voglia e tanto entusiasmo, facendo anche dei buoni risultati. Poi quando sono arrivate le prime difficoltà i ragazzi più giovani si sono ritrovati in affanno, com’è normale che sia. Era capitato anche a me alla loro età. Io e gli altri giocatori più esperti l’avevamo messo in conto e secondo me siamo stati abbastanza bravi a gestire il momento negativo, pur tra tanti problemi. Poi onestamente non so cosa sia successo tra Clotet e la società. La sua partenza è stata un dispiacere per tutti e siamo rimasti abbastanza spiazzati perché stavamo bene e agli allenamenti ci divertivamo. Però se il presidente e i direttori hanno fatto questo genere di scelta bisogna accettarla e rispettarla. Una volta voltata pagina abbiamo accolto mister Venturato riconoscendone l’esperienza e ci siamo messi a sua disposizione”.
[Viviani dopo il gol al Pordenone, foto di Filippo Rubin]
La sensazione, da fuori, è che Venturato vi chieda un calcio un pochino più “operaio” rispetto a quello che aveva in mente Clotet.
”La questione è un pochino più complessa di così. Quello di Clotet è un calcio un po’ più contemporaneo in termini di idee, con molta aggressività e impronta fortemente offensiva. Mister Venturato conosce molto bene la serie B e quindi sa che serve più equilibrio per raggiungere determinati obiettivi. Ma non è uno che disdegna di fare un gioco offensivo perché le occasioni le stiamo creando anche con lui e ci sta dando idee nuove da seguire. Nell’ultimo periodo siamo riusciti a trasferirle abbastanza bene sul campo e penso si veda”.
La principale alternativa nel tuo ruolo è Salvatore Esposito, che rispetto a te è più giovane e ha caratteristiche leggermente diverse. So che avete un bel rapporto, però ti voglio chiedere quanto è importante per te aiutarlo a salire di livello nel suo gioco.
”Abbiamo costruito un ottimo rapporto fin da quando lui ha fatto il primo ritiro con la prima squadra, tanto che chiesi di averlo come compagno di stanza. In lui rivedevo la mia versione più giovane, anche per diversi tratti del carattere. Da quel momento ho voluto provare a essere una specie di fratello maggiore, usando pure il bastone e non solo la carota. Perché vorrei davvero aiutarlo a crescere e fargli prendere una strada che porta a giocare a certi livelli. Penso abbia i mezzi per riuscirci, ma deve migliorare tanto, com’è giusto che sia per un ragazzo della sua età. Peraltro quando c’era Clotet abbiamo avuto spesso l’opportunità di giocare anche insieme e ci siamo trovati benissimo. Dimostrando che possiamo coesistere in campo, magari anche contro certi pronostici”.
Tra non molto compirai trent’anni: sei già arrivato alla fase nella quale guardi i ragazzi di dieci anni più giovani e ti ritrovi a fargli un po’ la predica?
”(Ride) Quando si gioca da tanti anni è inevitabile trovarsi in situazioni del genere perché ci si rende conto di molte più cose. Nella fase iniziale della carriera un ragazzo pensa esclusivamente all’allenamento, alla partita ed a divertirsi. Crescendo poi si colgono molto di più le sfumature e questo è bello, anche se a volte subentra la malinconia perché dici a te stesso: ‘Cazzo, sono già passati dieci anni da quando ero io a essere così’. Però dopo tutto quel tempo si apprezza ancora di più quanto sia bello fare questo lavoro. Quindi, almeno nel mio caso, si mette più attenzione in tutto quanto e soprattutto si dà meno per scontato di far parte di questo ambiente. A vent’anni non stai a preoccuparti di sgarrare con una cena un po’ più pesante in una singola occasione, invece a trenta devi sempre mangiare e dormire bene per fare del tuo meglio in allenamento e in partita”.
A proposito di cambiamenti: sei arrivato a Ferrara per la prima volta nel 2017 e nel frattempo sono passati cinque anni. Quant’è diverso il Federico Viviani di oggi da quello di allora?
”Molto, altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi (ride, ndr). Quando sono arrivato ero reduce dall’esperienza di Bologna e secondo me nei primi 6-7 mesi ho fatto abbastanza bene. Ero molto felice delle mie prestazioni. Poi onestamente non so cosa sia successo. Sono state fatte delle scelte da parte di allenatore e società e ho passato 6 mesi ad allenarmi da solo. Ho fatto una parte di stagione a Frosinone (2018/2019) e una a Livorno (2019/2020) e poi sono rientrato qui, dove mi sono sempre trovato molto bene con tutti quanti. Mi sono sempre sentito a casa anche grazie alle persone in città. Nella mia carriera non mi ero mai fermato più di un anno e mezzo in un singolo posto, quindi non ho mai avuto la possibilità di sentirmi in questo modo”.
Una delle cose che immagino ti faccia sentire a casa è il sostegno che tanti tifosi ti hanno dato, anche quando non sembravi essere in grado di riscattarti durante il periodo più complicato.
”Sicuramente. Ma già nel primo anno ero stato travolto dall’entusiasmo che si respirava a Ferrara, con lo stadio sempre pieno anche nei momenti difficili. La prima contestazione in tanti anni c’è stata solo alla fine della scorsa stagione e ci poteva stare perché abbiamo fatto meno di quanto avremmo potuto. Purtroppo è stata un’annata storta sotto tanti punti di vista. Ma al di là di quest’aspetto ho sempre avuto la sensazione che ci fosse tanta gente che mi voleva bene e mi incoraggiava in ogni situazione”.
[Viviani sotto la Ovest, foto di Filippo Rubin]
A gennaio di quest’anno il Brescia si è fatto avanti per ingaggiarti ma, di fatto, la trattativa è stata stroncata sul nascere da Joe Tacopina, che si è esposto pubblicamente rimarcando la tua importanza per la squadra. Come hai vissuto quella fase?
”Con professionalità, come deve viverla un giocatore. Non ho mai chiesto di poter lasciare la SPAL, perché mi è stata fiducia e la voglio ripagare completamente. Non potrei voltare le spalle a chi ha creduto in me. Il Brescia mi voleva e devo essere onesto: per me sarebbe stata un’occasione importante, perché si parla di una squadra che si gioca la promozione e questo avrebbe implicato la possibilità eventuale di tornare in serie A. Se la trattativa fosse proseguita al Brescia ci sarei andato, ma in caso contrario - e questo l’ho subito detto ai direttori, al presidente e al mio procuratore - sarei stato comunque felice di restare perché alla SPAL sto benissimo e avverto grande considerazione nei miei confronti. Se poi il presidente dice pubblicamente di stimarti diventa un’altra grandissima iniezione di fiducia. A maggior ragione perché anche in privato Tacopina mi ha sempre spronato a rimettermi in condizione per dare un contributo alla squadra”.
Ma com’è avere a che fare con Tacopina, vista la sua esuberanza?
”Come lo vedete voi da fuori è così anche con noi, nel senso che ci tiene sempre a essere presente e vicino a tutti. Ogni volta in cui è a Ferrara viene al campo e fa discorsi ai giocatori nello spogliatoio. Si vede quanto è appassionato e quanto tiene alla SPAL. Vedere questo atteggiamento è senz’altro una bella cosa perché ti induce a voler fare sempre il massimo. Personalmente apprezzo il suo impegno nell’essere in Italia quanto più tempo possibile, nonostante i suoi tanti impegni lavorativi in America”.
Però sospetto che non vi abbia fatto un grande favore parlando ripetutamente di playoff.
”Ma no, le sue ambizioni sono giuste, a maggior ragione visti i risultati che è riuscito a ottenere in passato con altre società. Penso sia il suo modo per stimolarci e chiederci di dare il massimo. Poi i risultati attuali non sono conformi ai suoi desideri, ma questo deve diventare un’ulteriore fonte di motivazioni perché lui è determinato a riportare la SPAL in serie A. Ora ci troviamo in un anno di transizione e ricostruzione: stiamo cercando tutti di rimettere le basi per fare grandissime cose. Come giocatori vogliamo fare la nostra parte e seguire il più possibile il mister per ottenere quel tipo di obiettivo”.
Ci tengo a chiederti un’opinione su un tuo compagno di squadra che conosci fin dal 2017, ossia Francesco Vicari. Di recente ha avuto problemi fisici e le sue prestazioni sono state piuttosto criticate da pubblico e addetti ai lavori. Visto che ci sei passato anche tu, qual è il modo più appropriato per inquadrare la sua situazione?
”Beh, conoscendo Fra e vedendolo ogni giorno so che tiene tantissimo alla SPAL, al suo ruolo di capitano e all’essere un esempio per tutti. Ci sono delle fasi all’interno di una stagione in cui ci si può trovare in difficoltà per alcune partite, anche a causa di alcuni infortuni. Molti non sanno che in diverse occasioni ha giocato pur non stando bene, solo perché non voleva rinunciare all’idea di dare il suo contributo. Noi come compagni siamo orgogliosi dell’esempio che prova a dare, perché ci mette sempre il cuore. Tante volte da fuori non si riesce a percepire cosa sta passando un giocatore. Non è facile rendere secondo le aspettative quando non si è al 100%. Fra è molto importante per la SPAL, quindi lo seguiamo e al tempo stesso gli stiamo vicini. Peraltro è sempre il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andare via, anche quando non si può allenare. Questo, soprattutto per i ragazzi giovani, è fonte di ispirazione. Penso proprio che abbia la mentalità e la forza necessarie per uscire da questo momento e rimettersi in forma, fermo restando qualunque giocatore si ritrova a gestire alti e bassi all’interno di un intero campionato”.
Mancano dieci partite al traguardo. Di recente abbiamo visto una SPAL un pochino più consapevole dei suoi mezzi e che lascia intravedere un percorso meno turbolento. Ce lo possiamo aspettare o è meglio essere prudenti?
”Per come la vedo e per come la pensa anche il mister non ci dobbiamo affatto accontentare, perché abbiamo dimostrato di saper fare grandi partite ma anche di fare dei passaggi a vuoto che non devono esserci. Di sicuro non vogliamo ce ne siano altri da qui al termine della stagione. In questa fase credo che ci siamo resi veramente conto che curare i minimi dettagli ci permette di fare buone partite dall’inizio alla fine. Quella è la base per la parte conclusiva del campionato. Ma non vogliamo per niente sentirci appagati e Venturato in questo sta facendo del suo meglio per tenerci sul pezzo”.
[Viviani mentre richiama qualcuno in campo, foto di Filippo Rubin]
Ma quando giochi e qualche giornalista ti dà 5 in pagella ti capita ancora d’arrabbiarti come un tempo oppure ora ti scivola addosso?
”Da due o tre anni non leggo più le pagelle, almeno non di proposito. Purtroppo ci sono tante persone che me le mandano e quindi finisco comunque col vederle”.
C’è un’ultima questione un po’ spinosa: nel 2017 hai bloccato LoSpallino.com col tuo profilo Instagram. Non è che prenderesti in considerazione l’idea di tornare su quella decisione?
”Beh, se vi ho bloccati c’era un motivo… Non ero d’accordo con i vostri giudizi e anche quando provavo a non leggerli venivo ‘taggato’ nei post, per cui dopo un po’ ho preso questa decisione perché era una cosa che mi disturbava. Rispetto le vostre opinioni eh, però ero semplicemente stanco di leggerle”.
Di recente però abbiamo solo parlato bene di te. Ci sbloccherai?
”(Ride) Eh non lo so, ci devo pensare. Penso di sì. Prima magari leggo come è andata questa intervista”.
Anche per stavolta è tutto. La prossima newsletter arriverà tra un mese, quindi tra l’8 e il 9 aprile 2022. Se pensi che possa interessare a qualcun*, usa questo link:
Alla prossima!
Alessandro Orlandin
e la redazione de LoSpallino.com