Settembre 2022: Rabbi in ascesa
In questa edizione della newsletter: una rapida carrellata sull'ultimo mese e un'intervista in esclusiva a Simone Rabbi, una delle sorprese più interessanti dell'inizio di campionato della SPAL
Salve,
se leggi questa mail è perché ti interessa sapere cosa combina LoSpallino.com. Non preoccuparti, non ne riceverai molte: appena una al mese, di norma entro la prima quindicina perché ormai è una tradizione abbastanza consolidata.
Dalla puntata precedente della newsletter sono successe un altro po’ di cose. La SPAL ha giocato cinque partite di campionato e sta andando bene; se ne sono andati un po’ inaspettatamente Mancosu e Viviani; Murgia si è accordato con la società per un contratto diverso; sono ricominciati anche i campionati giovanili con la Primavera che subito ha fatto bella figura nella prima giornata.
In questa edizione ci concentriamo su Simone Rabbi, l’attaccante (o trequartista?) proveniente dal Bologna che è passato dall’essere un giovane semi-sconosciuto al pubblico ferrarese a un potenziale titolare, grazie soprattutto a prestazioni fatte di energia e imprevedibilità. Grazie alla collaborazione dell’ufficio stampa della SPAL abbiamo avuto la possibilità di fare un po’ di chiacchiere per conoscerlo meglio.
Da Clark Kent a Simone Rabbi è un attimo
di Alessandro Orlandin
[Simone Rabbi dopo il gol segnato a Bari, il primo in B. / foto Lapedota]
In un particolare giorno dell’inverno a cavallo tra il 2008 e il 2009 ero uno studente universitario infreddolito al quale Enrico Testa aveva dato l’opportunità di scribacchiare su Lo Spallino, che all’epoca era solo lo storico giornalino distribuito allo stadio. Ancora non esisteva una versione web. Ero infreddolito perché avevo trascorso più di un’ora all’esterno del centro di via Copparo ad aspettare Cristian Servidei per un’intervista. Quando chiesi a uno dei suoi compagni lumi sui tempi di uscita ricevetti in risposta una risata. “Devi avere pazienza - mi disse l’altro giocatore - perché più uno ha giocato in alto e più rimane nello spogliatoio”. Servidei aveva 36 anni e 130 presenze in B, io 23 e mezza dozzina di interviste all’attivo.
Quasi quindici anni dopo le proporzioni e le dinamiche sono inevitabilmente ribaltate. Un trentaseienne va a intervistare un ventunenne e lo trova in sala stampa non solo in orario, ma pure in anticipo. Merito delle sole 5 presenze in B? No, in questo caso no. La puntualità ha decisamente a che fare con la personalità di Simone Rabbi. Un ragazzo pacato e sorridente che fuori dal campo indossa degli occhiali che lo fanno somigliare a Clark Kent. Uno di quegli universitari che potresti incontrare ogni giorno nelle aule studio della città. Che poi, a pensarci bene, è un personaggio che gli si addice: il mite Simone della vita quotidiana sfodera poteri da Superman quando indossa la maglia della SPAL.
Se andiamo a recuperare i commenti che la gente ha fatto sui social il giorno del tuo arrivo, il 30 giugno, c’è da ridere. Perché nel giro di due mesi sei passato dall’essere un giovane attaccante semi-sconosciuto, roba da serie C, a un potenziale titolare.
"Penso sia normale che in una piazza del genere la gente si aspetti tanto quando la società fa la campagna acquisti. Arrivare dalla serie C può dare questo tipo di sensazione e non mi sorprende. Però dal mio punto di vista lo vedo come un passaggio graduale della mia carriera. Lo scorso anno ho affrontato la serie C cercando di dimostrare che potevo starci e che potevo guadagnare lo step successivo. Quest'anno sto cercando di fare la stessa cosa con molta umiltà e consapevolezza. Cerco di impegnarmi per dare il massimo per continuare a crescere".
Il Bologna, dove sei cresciuto, ti aveva mandato in prestito, ma poi non è sembrato credere del tutto in te.
"All'epoca avevo firmato un contratto di due anni con l'opzione per altri tre da parte del Bologna. Quello che ho trascorso a Piacenza era il secondo anno e a fine stagione mi è stato comunicato che non c'era l'intenzione di rinnovare per i successivi tre. Ho ricevuto una proposta diversa, ma non l'ho accettata perché non sentivo sufficiente fiducia. Quindi ho valutato altri progetti e quello della SPAL mi è sembrato il più convincente perché ho avvertito immediatamente le migliori condizioni per proseguire col mio percorso".
Com’è nata la trattativa?
"In realtà è stato tutto molto semplice: ho parlato col mio procuratore che mi ha spiegato il progetto della SPAL e non ci è voluto molto per dire di sì. Penso di aver impiegato tra gli otto e i dieci secondi per accettare la proposta (sorride, ndr). Come dicevo prima, la fiducia per me è una componente importante e quando c'è quella riesco a essere sereno. Il direttore Lupo mi conosceva già e mi seguiva da tempo, per cui è bastata una chiacchierata con lui per capire cosa pensava di me e che tipo di crescita intravedeva alla SPAL. Un progetto in linea con quello che stavo cercando, per maturare in maniera graduale nonostante io mi trovi in una società importante e con una squadra molto forte. So che mi devo guadagnare lo spazio e che posso imparare tantissimo dai compagni".
Lupo ha detto che avevi proposte anche da parte di squadre di serie A.
"Sì, è vero, però sarebbe stato un altro tipo di progetto, perché se passi dalla serie C alla serie A ci sono molte più incognite. Lo spazio all’interno della squadra, ma anche le destinazioni di eventuali prestiti. Ho preferito fare un passaggio intermedio in cui dimostrare che ci posso stare, perché le cose me le voglio meritare sul campo".
Com’è stato passare dal Piacenza alla SPAL?
"Ah, qui c'è un ambiente fantastico: a livello umano e organizzativo c'è tutto per fare bene. Poi i tifosi... una piazza incredibile. Quando vedi 10mila persone allo stadio vengono i brividi perché senti il calore della città e ti senti chiamato a prenderti delle responsabilità".
Tanti giocatori, magari anche per spavalderia, dicono di non accorgersi nemmeno del pubblico quando sono in campo.
"Beh, mentre giochi non puoi certo pensare granché a quello che succede fuori dal campo, ma te ne accorgi in tanti altri momenti. Quando arrivi allo stadio, quando fai riscaldamento. Onestamente è impossibile non fare caso a un pubblico del genere. Per me è la prima volta in cui mi trovo davanti a numeri come quelli di Ferrara perché a Piacenza giocavamo davanti a 1.500 spettatori".
[Rabbi in una delle amichevoli precampionato a Mezzana / foto Rubin]
Hai già avuto modo di conoscere un po’ la città?
"Nonostante la vicinanza ero venuto a Ferrara solo una volta, per cui è come dire che non la conoscessi. Mi piace molto perché non è grandissima, ma è molto bella e a misura d'uomo. Non sono mai stato abituato a vivere in pieno centro ed è una situazione molto accogliente".
Ti è già capitato di essere riconosciuto per strada?
"Solo una volta, ma credo sia successo perché c'era Trippa (Tripaldelli, ndr), una sera in cui eravamo fuori io, lui e Prati. Ci hanno fermati per chiederci una foto. Ma penso che quello famoso dei tre sia Ale (ride, ndr)".
Sei uno tra i più giovani di uno spogliatoio in cui c’è anche Pomini, che ha esattamente vent’anni più di te.
"Sì, infatti mi considero un po' l'ultimo arrivato e so di poter crescere tantissimo sotto tutti gli aspetti. Pomo poi è incredibile: pensi di essere il primo ad arrivare al campo e invece quando arrivi lo trovi già al terzo giro di addominali (ride, ndr)".
Quando sei stato ingaggiato ti abbiamo presentato come attaccante, ma Venturato sembra vederti di più come trequartista.
"Da quando ho iniziato ho giocato dappertutto: attaccante a destra, sinistra, centro, trequartista... quindi mi metto a disposizione del mister in base alle sue esigenze. Se lui mi vede sulla trequarti cerco di imparare a fare quel ruolo nel modo migliore, seguendo i suoi principi di gioco".
Quali sono i concetti sui quali il mister insiste di più?
"Chiede soprattutto di andare ad aggredire l'avversario in avanti appena perdiamo la palla o quando gli altri iniziano il possesso. Quando la recuperiamo mi chiede di attaccare lo spazio e farmi vedere ed è quello che cerco di fare".
Più di qualcuno inizia a invocarti come titolare dopo le belle prestazioni che hai fatto vedere di recente. Ti ci vedi o sei più a tuo agio come soluzione a partita in corso?
"Non sto tanto a pensare cosa sono, se un subentrante o un possibile titolare. Lavoro in settimana per mettermi a disposizione per il minutaggio che decide il mister e cerco di tenermi libero con la testa. So da dove vengo, so che sono l'ultimo arrivato e so chi ho davanti, giocatori forti di cui ho tantissimo rispetto. Devo fare un passo alla volta. Io punto a fare il mio massimo, dimostrando nei minuti che ho a disposizione di meritarmi lo spazio che c'è e magari anche di più. Ma credo debba essere un processo graduale".
Però alla vigilia di Bari-SPAL avrai fatto un pensierino alla maglia da titolare, visto che sarebbe mancato Maistro. Sei umano anche tu.
"(Riflette attentamente prima di rispondere, ndr) Chiaro che non ho l'obiettivo di fare una carriera da spezzoni di venti minuti, ma quando vedo che il mio nome non è nella formazione iniziale non ci rimango male. So di dovermi meritare quel ruolo dimostrando qualcosa".
[Rabbi in panchina a Bari / foto Lapedota]
I luoghi comuni del calcio dicono che ci sono dei giocatori che incidono di più entrando dalla panchina, facendo un po’ da “spaccapartite”. Si può dire che sia il tuo caso?
"Per caratteristiche magari è vero che posso dare una svolta, ma penso cambi molto da partita a partita e soprattutto dipende dall'atteggiamento con cui uno entra in campo. Se lo si fa con la testa scollegata si rischia di mettere in difficoltà la squadra anziché aiutarla. Per il resto sia a Bologna sia a Piacenza ho giocato da titolare e per questo non me la sento di dire che sono un giocatore da partita in corso. Il minutaggio alla fine sarà quello che mi sarò meritato per il mio rendimento durante la settimana".
Tra l’altro hai rischiato di non fare nemmeno il calciatore.
”È vero, ho iniziato a giocare perché volevo fare come mio fratello maggiore, che ha due anni in più. Faceva judo e ad un certo punto volevo farlo anch’io. Poi è passato al calcio e l’ho seguito”.
Gioca ancora?
”No, ha smesso un paio d'anni per dedicarsi completamente all'università".
Hai mai immaginato quale sarebbe stata l’alternativa senza il calcio?
"Proprio non ne ho idea. A scuola però andavo bene, ero abbastanza bravo in matematica e italiano. Ho avuto la fortuna di incontrare alcuni professori che mi hanno fatto apprezzare le materie. Però arrivare in fondo ha comportato dei sacrifici perché non era facile studiare dopo gli allenamenti, a volte finivo dopo la mezzanotte"
Di norma i calciatori rinunciano all’università perché è molto complicato conciliare studio e attività sportiva.
"Non penso sia impossibile continuare, però dipende un po' dalle priorità che uno si dà e dal tempo effettivo che può dedicare allo studio. Io dopo il diploma ho fatto una scelta, ma non so quanto sia definitiva. Per carattere sono uno che vuole fare le cose al meglio e al momento non so se ci riuscirei. Per cui ho deciso di dedicarmi completamente al calcio per sfruttare la mia occasione in questo ambiente e lasciare il tempo libero per le relazioni e gli altri interessi che ho. Però se un giorno dovessi ripensarci probabilmente mi informerei per scienze motorie o qualcosa in ambito sociale o umanistico".
Il riferimento al sociale non sembra casuale visto che sei cresciuto in una famiglia che è fortemente impegnata in questo ambito.
"Sì, i miei genitori lavorano per la Fondazione don Mario Campidori. In questo luogo, che è aperto durante le vacanze estive e invernali, vengono accolte persone e famiglie con disabilità. Ci sono tantissimi giovani che fanno volontariato, anche attraverso i campi delle parrocchie, e io sono cresciuto lì. Questo mi ha dato la possibilità di crescere come persona e di fare tantissime amicizie".
Dopo il gol segnato a Bari hai sottolineato di essere più felice per la squadra che per il tuo risultato personale. Sembra esattamente il tipo di atteggiamento di chi è cresciuto con lo sguardo rivolto agli altri.
"Credo che la ricompensa individuale duri molto meno che una gioia condivisa con la squadra, la famiglia e gli amici".
[Rabbi abbraccia Meccariello dopo la vittoria sul Cagliari]
Ad ogni modo che tu abbia del talento è noto da un po’. Ricordo che mi è capitato di “incrociarti” in diverse carriere di Football Manager 2020 e di ritrovarti dopo qualche anno all’Inter o al Manchester United. Segno che ti è sempre stato attribuito del potenziale.
"(Ride, ndr) Beh, non è male. Comunque sì, col Bologna ho fatto tutta la trafila dall'età di nove anni e ho avuto la fortuna di giocare tanto, essere capitano e prendermi determinate responsabilità. È stata un'esperienza piena di soddisfazioni, penso soprattutto alla vittoria del Viareggio nel 2019".
Quella squadra fece bei risultati, ma sai quanti dei tuoi compagni sono rimasti al Bologna?
"(Ci pensa mezzo secondo, ndr) Credo zero".
Esatto. E sai quanti giocano in serie A?
"Direi nessuno... contando me forse siamo in tre a giocare in B".
Sai anche di chi si tratta?
"Koutsoupias (Benevento) e Cassandro (Cittadella)".
Corretto anche stavolta. Tutti gli altri sono sparsi tra serie C, serie D e addirittura campionati d’Eccellenza. Classico esempio da “Uno su mille ce la fa”.
"Sicuramente quella era una squadra con grandi valori, poi quello che succede dopo è sempre un'incognita. Ci sono i numeri a dire che sono pochi quelli che poi arrivano a un certo livello e riescono a fare uno step in più".
[Rabbi “abbattuto” ad Ascoli]
Ad ogni modo le statistiche dicono che hai impiegato 4 partite per segnare per la prima volta in Primavera 2; 9 partite per segnare in Primavera 1 perché venivi da un infortunio serio; 2 partite per segnare in serie C e infine 4 partite per segnare in serie B. Probabilmente sarebbero state solo due se non fossi andato giù al limite dell’area ad Ascoli.
"(Sorride, ndr) In quel caso lì dopo un po' ho iniziato a dire che era colpa mia... Ero diretto verso la porta e ho fatto la scelta di rallentare leggermente per aspettare il portiere e giocarmi l'uno contro uno. Se non l'avessi fatto probabilmente l'avrei potuto scartare abbastanza facilmente. Invece ho atteso la sua uscita e così ho dato il tempo al difensore di rientrare. Solo che mentre caricavo il tiro sono stato sbilanciato. Credo fosse fallo e infatti ne abbiamo parlato molto nei giorni successivi. Riguardando il filmato ci siamo trovati tutti abbastanza d'accordo che lo fosse".
Di norma si dice che un attaccante deve prendere una decisione rapida, altrimenti è fregato.
"Sì, in generale un attaccante meno pensa e più va deciso sulla prima roba che gli viene in mente e più possibilità ha di fare gol. Se quando sei lì pensi a più di una soluzione rischi di perdere del tempo prezioso. Poi è anche vero che ti capita di ripensarci ogni volta che le palla non va dentro. Domenica scorsa ho calciato di prima e ho preso il palo. E allora mi sono ritrovato a dire 'Chissà se l'avessi stoppata...' (ride, ndr). Diciamo che va tutto bene solo quando fai gol".
In compenso c’è La Mantia che trasforma in gol quasi tutto quello che tocca.
"Eh sì, ma non lo scopriamo certo noi il suo valore, l'ha dimostrato in lungo e in largo. E sta facendo vedere quant'è importante per noi".
Stai cercando di prendere qualcosa dal suo stile di gioco o da quello degli altri compagni d’attacco?
"Al di là di quello che posso prendere da loro penso siano preziosi i consigli che mi danno ogni giorno, perché mi aiutano a migliorare. Ammiro molto la capacità di LaMa (La Mantia, ndr) di essere sempre al posto giusto in area di rigore e di inquadrare la porta. Allo stesso tempo mi impressiona sempre la cattiveria che ci mette Moncio (Moncini, ndr) e penso sia solo questione di sfortuna se finora non ha fatto gol. Appena si sbloccherà andrà via dritto".
Un mesetto fa Tacopina fece una battuta coi giornalisti in tribuna stampa: “Rabbi sembra un dodicenne, ma è fortissimo”.
"(Sorride, ndr) Mi fa piacere... il pres ci mette un sacco di energie ed è uno che ci tiene tanto a stare con la squadra per trasmetterle il suo modo di pensare da vincente. Penso sia un esempio incredibile per tutti noi ed è bello vedere la società così vicina alla squadra".
[Rabbi osserva il pallone in SPAL-Venezia: palo]
Tra le altre cose ora sei dall’altra parte del derby. Nei hai giocati quattro con la maglia del Bologna nel campionato Primavera. Ma erano davvero dei derby per voi? Perché i bolognesi dicono sempre che la SPAL gli è indifferente e la partita veramente importante è quella col Modena.
"No, no, anche a Bologna si sentiva tantissimo ed erano tutte partite infuocate. In campo erano dei derby in tutto e per tutto".
Col Bologna hai anche debuttato in serie A grazie a Sinisa Mihajlovic.
"Il mister è uno di quelli che lanciato più giocatori in Italia. Nel periodo in cui sono entrato in prima squadra (fine 2020) c'erano tanti giocatori infortunati, la panchina era corta e bisognava giocarsi quella possibilità al massimo".
Com’è stato passare dalla Primavera allo spogliatoio dei senior?
"È un salto grandissimo e che richiede un periodo di adattamento, anche solo per abituarsi ai ritmi e alla qualità degli allenamenti. Credo sia un passaggio che riesci a fare se ti danno il giusto tempo. Ho avuto la fortuna di fare sei mesi e sono riuscito ad arrivare a un punto in cui probabilmente sono riuscito mostrare le mie qualità".
Spesso ai giovani non si dà il tempo a cui fai riferimento.
"Sì, troppo spesso ci si aspetta che i ragazzi siano già pronti e al primo errore vengono giudicati impreparati e tagliati fuori . Ma penso sia impossibile pretendere da un ragazzino che gioca coi grandi di essere subito all'altezza. C'è senz'altro un tempo di adattamento da concedere ai ragazzi".
Alla SPAL avete un capitano con l’età da giovane e l’atteggiamento del veterano.
"Salva (Esposito, ndr) si è calato alla grande nel ruolo di capitano. Ha una grandissima personalità e al tempo stesso ha fatto tutto il percorso dalla Primavera alla prima squadra. Quindi sa quali sono i tempi e le esigenze di un giovane. Ha vissuto tutti i passaggi intermedi e quindi non mi sorprende che ragioni come uno più esperto".
Comunque le statistiche di alcuni siti dicono che hai fatto un assist in serie A in Spezia-Bologna 2-2.
"No, no, mi vergogno a dire che ho fatto quell'assist lì (ride, ndr) perché non era per niente volontario. Ho fatto un contrasto, la palla è rimasta lì e Musa (Barrow, ndr) ha segnato da 40 metri. Segnarsi un assist del genere sarebbe un furto".
Avresti potuto farne uno anche contro il Venezia e invece l’ha fatto Moncini, forse anche lì un po’ casualmente.
"Beh no, in quel caso ha staccato bene e quindi è valido. Su tutti i rinvii ci deve essere uno che va a saltare. Siamo andati in due perché ho pensato che potesse non arrivarci e ho anche rischiato di fargli male, infatti lui è andato per terra. Poi nello spazio di un battito di ciglia c'era Finotto davanti al portiere e di fatto ce ne siamo accorti soprattutto per il boato del pubblico. Abbiamo fatto in tempo a vedere Mattia che scartava il portiere e la metteva dentro. Comunque assist di Moncio senza alcun dubbio".
Quel gol allo scadere è stata la prova di una SPAL che lotta con grande carattere. Tacopina dice che avete chiaro dove volete arrivare. Voi ne siete consapevoli?
"Penso di sì, quello che si vede in campo penso sia abbastanza indicativo rispetto al tipo di percorso che vogliamo fare. La SPAL è una squadra che non molla niente e che secondo me è molto forte. Dove possiamo arrivare non lo so dire, ma se ognuno darà il massimo come in questo periodo penso potremo raggiungere obiettivi importanti. Ma posso assicurare che nessuno al campo parla di possibili posizioni di classifica o roba del genere. Siamo davvero concentrati a costruire il nostro percorso di partita in partita".
Anche per stavolta è tutto. La prossima newsletter arriverà tra un mese, quindi attorno a metà ottobre 2022. Se pensi che possa interessare a qualcun*, usa questo link:
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Alla prossima!
Alessandro Orlandin
e la redazione de LoSpallino.com